A Palermo Capitale la Cultura si #Manifesta.

Entro Emanuela Negro Ferrero

Reduce da una settimana a Palermo torno a casa con gli occhi ricolmi di  bellezza e il cuore vibrante per la calorosa accoglienza ricevuta.

Sentirsi dire dal barista, il campanaro, il giornalaio, il taxista, il cameriere del ristorante, il vigile urbano e il   conduttore di carrozze ( e da molte altre persone) “benvenuta a Palermo, torna presto!” per una torinese abituata al “lasmestè” scontroso  e ruvido dei piemontesi  (vivi e lascia vivere)   è stato  qualcosa di veramente  straordinario.

Portafortuna a Palermo. Appeso allo specchietto retrovisore si procede a tutta birra verso Manifesta2018

Ma è proprio questo straordinario che fa di Palermo una città unica al mondo. Lì il contrasto regna sovrano. Antichi e sontuosi palazzi  abitati da principi e principesse convivono pacificamente a fianco di  orrori di cemento stile  anni cinquanta.  Si passa da visitare pezzi di città perfetti , ordinati e puliti e quasi sembra di essere a Zurigo,  e in pochi metri ritrovarsi ad  attraversare  quartieri  completamente distrutti e abbaraccati.

Mi sono chiesta quale fosse l’ingrediente segreto in grado di  tenere  insieme tutto questo curiosa armonia disarmonica. Il sorriso della gente? L’allegria? La capacità di accogliere?  Mi ha colpita il  melting pot di razze  e, ancora di più, mi ha stupito l’assenza di tensione. Integrazione? Esperimento riuscito. A Palermo ho respirato integrazione.

Per il centro storico a fianco dei negozi di pasticceria con in vetrina la pasta di mandorla assassina ,convivono negozi indiani, pachistani. Italiani, africani, indiani. Tutti insieme. Pacificamente.

D’altra parte in Sicilia le invasioni – e successive integrazioni- ci sono sempre state.  Primi i greci,  i romani, gli arabi, i normanni,  gli angioini , i Borboni e,  in ultimo… i piemontesi. Ogni dominazione ha lasciato profonde tracce. Culturali, etniche, linguistiche. Tutte presenti e mescolate fra di loro così come oggi anche le persone e le razze sono mescolate.

A Palermo #innamoratidellacultura al Teatro Garibaldi per Manifesta2018

Il sindaco Orlando durante il colloquio- intervista mi ha spiegato che il simbolo di Palermo Capitale della Cultura è formato da quattro P : fenicia, greca, araba, ebraica perché queste sono le quattro anime della città. Il logo, colorato e aereo, è stato creato dai ragazzi dell’Accademia di Belle Arti. Perché è proprio la creatività l’ossigeno di cui si nutre la città. Con un  “palinsesto” composto da migliaia di eventi culturali. E la decisione di organizzare Manifesta2019 in concomitanza all’essere Capitale della Cultura. Una sottolineatura interessante perché a Palermo la cultura ha veramente permeato la città. Dentro e fuori.

Pupi siciliani a Palermo per Manifesta2018

Non ho effettuato alcun giro turistico tradizionale. Mi sono fatta trasportare dal flusso incessante di vernissages, inaugurazioni, installazioni , conversazioni, colazioni e degustazioni con un movimento extrasensoriale che difficilmente dimenticherò.

A Palermo ho mangiato, bevuto, annusato, toccato, degustato, riso, cantato, ballato. Mi sono incantata visitando antichi palazzi nobiliari ricchi di tesori. Stupefatta ho goduto dell’arte contemporanea inserita nei luoghi meno consueti: chiostri abbandonati, antichi opifici, l’ex banco dei pegni, l’orto botanico.  Arte raccontata con passione ed enfasi da artisti, galleristi e organizzatori con  toni lontani anni luce dal chiacchericcio mondano ed elitario delle fiere che sono solita visitare.

Orto Botanico di Palermo per Manifesta2018 e Capitale della Cultura.

Qualche suggerimento? Imperdibile una visita all’orto botanico, luogo dell’anima che per Manifesta2018 ospita opere interessanti come, per citarne una, quella di Kahlil Rabah dal titolo “Relocatio. Among Other Things” , un accumulo di oggetti diversi raggruppati per tipologia dentro al Padiglione Tineo.

Massimo Valsecchi e le scatole con i volumi della antica libreria.

Orgoglio cittadino e simbolo della rinascita culturale è stato l’acquisto di Palazzo Butera da parte dei coniugi Valsecchi, collezionisti milanesi che, oltre a portare lì la loro collezione, ne faranno la loro dimora e un centro polifunzionale dedicato alla formazione manageriale, agli eventi culturali e alle mostre. L’imponente edificio del 1700 è stato sottoposto a completa ristrutturazione e verrà consegnato nel 2018 proprio per Manifesta2018.

Ho avuto il piacere di dialogare con Massimo Valsecchi e si, posso confermarlo. I mecenati esistono veramente e Valsecchi è uno di  loro. Un  vero #innamoratodellacultura.

Il restauro di Palazzo Butera è un forte indicatore del risveglio della  città ad un nuovo Rinascimento.. Come ormai molti iniziano a dire, lo start arriva dalla dalla cultura. Intesa  come motore di rigenerazione. Sociale prima che di qualsiasi altro aspetto e poi economico, estetico, architettonico, turistico, economico. Vi sembra poco? A me no.

Emanuela Negro-Ferrero  www.innamoratidellacultura.it

Installazione realizzata da Franco Noero per Manifesta 2019