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La piattaforma di crowdfunding dedicata alla cultura italiana

Le email funzionano meglio di quello che si crede. Una lezione dalla campagna di Obama

Le email vengono bollate dalla maggior  parte dei Responsabili Comunicazione come strumenti vecchi, noiosi e un po’ sfigati. Niente di più sbagliato. Sarà che per anni ho scritto montagne di lettere destinate al direct, sarà che mi piace proprio scriverle, ma io nelle email ci credo fortemente.

Quando Obama ha iniziato la sua campagna elettorale, mi sono iscritta al sito presidenziale e, una volta diventata supporter, con grande curiosità e pazienza ho letto e schedato le centinaia di email che ogni giorno mi venivano inviate. Tutte regolarmente orientate alla raccolta di fondi. Una vera noia, penserà il profano. Una grande lezione di comunicazione, ho pensato io.

Che cosa c’è dietro a tutto questo? Perché è stato scelto un mezzo di comunicazione così obsoleto e, soprattutto, perché con questa scarsissima creatività dei testi? Conoscendo le tecniche utilizzate per il fundraising tradizionale, immagino che dietro questa scelta siano stati effettuati dei test. Alcuni test, come quello definito A/B, prova diverse versioni dello stesso messaggio per verificare sul pubblico qual è la risposta migliore.

In rete ho trovato risposta ad alcune mie domande. A quanto pare, lo staff di comunicazione ha inviato ogni messaggio almeno diciotto volte, testandone l’efficacia. Un esempio? Il saluto “Friend” è risultato il più gradito in assoluto accoppiato alla richiesta di denaro rispetto a “Hey”:

Friend —

My favorite campaign tradition started five years ago — check out the email below.

It’s just incredible how much we’ve grown — from 100,000 individual donors at that time to more than 3 million in this campaign alone — and how much we’ve accomplished together.

Tomorrow night, we’re selecting the guests for the last dinner of my last campaign. I’m looking forward to closing out this tradition the way it started: with supporters like you.

Trovo sottile che anche lo sfondo della mail abbia avuto la sua parte. Bianco andava bene, ma lo sfondo giallo ha generato sino al 20% in più di risposte positive, cioè aperture della email.

Il colpo di genio della campagna è stata senza dubbio la ripetitività del messaggio, contrariamente a quanto viene fatto per una campagna di raccolta fondi tradizionale. I testi approvati erano all’incirca quattrocento e, visto che il test dava come positivo l’invio massiccio delle email, la campagna di Obama si è basata su una regola semplice e banale: “più mail mandiamo, più fondi raccogliamo”. E così è stato.

La cifra richiesta, 3$, è stata pensata perché copre giusto i costi della transazione con la carta di credito. Questa semplice richiesta ha permesso di costruire enormi liste di nominativi e di far crescere nei supporter un forte senso di appartenenza: “Make a donation of $3 or whatever you can, and you’ll be automatically entered.”

I dati alla fine parlano chiaro. La campagna elettorale di Obama ha raccolto 15 milioni di dollari al mese online in primavera e più di 150 milioni di dollari in autunno. Il capo della comunicazione, Jim Messina, ha detto che il grafico del fundraising online somigliava ad un bastone da hockey.*

Personalmente, ho verificato l’utilizzo di diverse frasi: “Thankful every day”, “Do this for Michelle”, “Would love to meet you” e “Some scary numbers” a cui, nella fase più dura della campagna, è stato aggiunto “I will be outspent”, frase che ha raccolto da sola 2.6 milioni di $. In Italia sarebbe impensabile.

Siamo tutti Supporter.

Le email che ho ricevuto, a mano a mano che si entrava nel vivo della campagna, avevano un tono sempre più coinvolgente ed entusiasta. Come supporter sono stata invitata e sollecitata non solo a donare, ma anche a coinvolgere il più alto numero di persone di mia conoscenza affinché donassero e partecipassero. Ad un certo punto ho persino iniziato a ricevere mail personalizzate. Questo particolare punto della campagna elettorale è stato battezzato da Messina “Airwolf”, in onore di una nota serie televisiva degli anni ’80.

In pratica, i dati forniti dai supporter sono stati elaborati e le mail inviate avevano un elevatissimo grado di personalizzazione. L’effetto “grande famiglia” è stato grandioso, permettendo così di gestire centinaia di migliaia di nominativi come se le comunicazioni fossero inviate dal vicino di casa.

Adesso toccherebbe a noi italiani. L’assenza di finanziamenti pubblici ai partiti rende questa tecnicità estremamente interessante.

*Jonathan Alter.

Quando la sponsorship funziona. Meglio: quando il mecenatismo c’è ed è un successo

Ultimamente, da più parti, si è parlato molto di Cultura. La core new è certamente la mancanza di fondi per la cultura che, in un paese come il nostro che detiene il più grande patrimonio artistico del mondo, non è una bella notizia. La novità semmai risiede nella nuova direzione intrapresa da un punto di vista lessicale. Non si parla più di sponsor e nemmeno di mecenati. Piuttosto si parla di “investitori culturali”. Lo ha detto il Sottosegretario ai Beni Culturali, Roberto Cecchi, durante il summit «Arte & Cultura» del Gruppo Sole 24 Ore, e la cosa è piaciuta talmente tanto che su Twitter si è poi scatenata una vera e propria moda. L’evento è divenuto in breve il primo dei trending topics italiani di Twitter (#summitcultura), catalizzando l’attenzione di migliaia di operatori ed esperti del settore.

Senza Cultura non c’è Sviluppo. Il Sole 24 Ore con il suo Manifesto della Cultura ha lanciato un appello al Governo in cinque punti e la richiesta, mi pare logico, è che la Cultura venga messa al centro della propria azione per il rilancio economico del Paese.

Visti i tagli drammatici, ci si sarebbe dovuti aspettare quantomeno l’eliminazione dell’Iva dalle attività culturali per favorire gli interventi da parte degli sponsor. Invece no. Per fortuna. Le imprese sempre di più si accorgono dell’importanza dell’investimento culturale per la comunicazione Corporate.

Le sempre più frequenti politiche di corporate social responsibility delle imprese rappresentano per la cultura un’importante opportunità. La “pianificabilità” e la misurazione dei risultati degli investimenti in cultura continua a rappresentare un tema di primaria importanza per le imprese. Infine la relazione con gli operatori della cultura è considerata dalle imprese, in genere, un’occasione di confronto costruttivo con mondi e culture professionali diverse.

A Torino ne abbiano l’esempio concreto. Giovedì 13 giugno al Museo Nazionale del Cinema è stata inaugurata la mostra dedicata al grande regista Martin Scorsese. Oltre alle consuete fondazioni bancarie due sponsor: Lancia, che a Torino non è una novità, e Gucci, che a Torino è una novità.

La mostra, strepitosa in una cornice ammaliante, certamente attirerà centinaia di persone. Mi chiedo, però, come mai non sia stata studiata una strategia di comunicazione ad hoc per lo sponsor. La risposta è presto detta. Se da un lato le imprese si dimostrano volenterose e interessate ad investire in cultura, dall’altra parte i responsabili Comunicazione devono fare uno sforzo per uscire dal seminato ed entrare in una mentalità – aziendale – che non rientra nel loro normale modus operandi. Perché il fundraising culturale non arriva solo dalle imprese. Ci sono tanti altri modi che bisogna conoscere per saperli poi sfruttare.

Unconventional Branding: Torino si veste di bianco. Arriva il flash mob più atteso dell’anno

Siamo tutti in fremente attesa. Ogni giorno potrebbe arrivare. Improvvisamente. Dopo averla aspettata per un anno intero…

Che cosa? Sto parlando della mail con le indicazioni di data e luogo della “Cena in Bianco”, il flash mob organizzato da Antonella Bentivoglio d’Afflitto a Torino. Un evento di straordinario impatto visivo nella città che pochi anni fa aveva il tempo scandito dai turni della Fiat.

La “Cena in Bianco” è alla sua seconda edizione. L’anno scorso è stato un successo e quest’anno gli iscritti superano i 4000. Verranno tutti? Sarebbe bellissimo. Perché la “Cena in Bianco” è un evento di grande richiamo per Torino, un colpo di immagine. Meglio, oserei dire, di molti eventi a pagamento. Tutto questo grazie all’intraprendenza e all’intelligenza della sua madrina, Antonella Bentivoglio d’Afflitto.

Antonella appartiene a un’antica famiglia napoletana. Vive a Torino da lungo tempo, anche se per i suoi trascorsi lavorativi ha viaggiato moltissimo. Vanta un’esperienza ventennale in ambito aziendale, inizia il suo percorso presso l’Agenzia di Pubblicità Radicchio Wpt, poi al Salone del Libro di Torino fino all’Unione delle Fiere Internazionali a Parigi; approda infine a Seat Pagine Gialle dove resterà per oltre 16 anni. Qui accresce le sue esperienze nella comunicazione, nell’organizzazione di eventi e convention in giro per il mondo, nel trade marketing e nel commerciale. Nel giugno del 2007 Antonella, da sempre innamorata della matericità dei tessuti, della trasformabilità degli accessori e dalla bellezza delle forme e dei colori, lascia l’azienda per inseguire le sue passioni e per mettere a frutto a 360 gradi la sua esperienza in un progetto tutto suo. Così nasce The Kitchen Of Fashion. Mood & Cool Hunting, a cui segue nel 2011 l’idea di portare a Torino la “Cena in Bianco”, un evento nato a Parigi con il nome di “Dîner en blanc” e presente nelle più grandi città del mondo.

Ma come funziona? Innanzitutto ci si deve iscrivere inviando una mail a cenainbiancotorino@gmail.com, indicando il numero dei partecipanti. Poi, pazienza pazienza, attendere le istruzioni che sono poche, semplici ed essenziali (potete trovarle anche sulla pagina e sul gruppo Facebook). Ognuno dovrà portare:

    • sedie e sgabelli (anche non bianchi)
    • Tavoli e plance da mettere in fila a formare lunghi tavoli
    • Tovaglie e tovaglioli bianchi
    • Piatti in ceramica, posate, bicchieri di vetro
    • Vivande e solo vino ed acqua
    • Centrotavola, candele e lanterne
    • Sacchetto per i rifiuti che verrà portato via.

Gli animali dovranno stare a casa perché lo spazio fra i tavoli è esiguo e destinato ad appoggiare i cesti con le vivande. I bimbi invece ci saranno e così i neonati. Anche per loro il Dress Code è rigorosamente bianco.

Non resta che attendere la data e iniziare a pensare ad un menù Total White. Ogni giorno sulla bacheca di Antonella Bentivoglio d’Afflitto vengono pubblicate decine e decine di ricette. Io, sperando di essere a Torino quel giorno, ho pensato che mi piacerebbe preparare il Biancomangiare. Non sono una golosa in senso stretto, ma questo dolce siciliano è da sempre la mia passione…

BIANCOMANGIARE

1 baccello Vaniglia
– 150 gr Amido
– 300 gr Zucchero
– 1 litro Latte di Mandorle (nei negozi bio)

                     Ecco come fare:

    1. Incido la vaniglia nel senso della lunghezza.
    2. Setaccio l’amido con lo zucchero e la vaniglia e li verso in un pentolino.
    3. Aggiungo il latte lentamente mescolando con una frusta in modo che non si formino grumi.
    4. Cuocio a fuoco basso.
    5. Appena bolle mescolo velocemente con una frusta e aggiungo una spruzzatina di acqua di fiori d’arancio.
    6. Verso il composto in sei stampini bagnati con acqua fredda.
    7. Lascio riposare in frigorifero per almeno tre ore.
    8. Capovolgo gli stampini su un piatto e decoro con lamponi o fragoline di bosco. Ma anche con cioccolato fuso o pistacchi tritati.

Social Network. Cose da sapere per avere successo

Un oceano di parole, immagini, video. Scherzi, barzellette, citazioni, aforismi, arrabbiature e commenti velenosi. Facile annegare soprattutto se si è alle prime armi con i social. Ecco un po’ di semplici regole dedicate ad imprenditori, politici, liberi professionisti o semplici persone. Per attrarre le persone giuste sul profilo e i fan sulla pagina. Per imparare a personalizzarla, per definire il proprio brand e la propria immagine.

La prima regola certamente riguarda i contenuti. Soprattutto quelli scritti, che devono essere misurati e sinceri. Non troppo lunghi e ponderati, perché quello che è pubblicato rimane lì per sempre.

Lo scopo da raggiungere è quello di creare una connessione profonda con le persone amiche. Come? Trasmettendo i tuoi valori, i pensieri e le idee. Ecco allora 4 semplici abitudini che puoi mettere in atto per farti notare nel modo giusto e che ti permettono di costruire relazioni di fiducia e scambio più durature.

1 – Condividi informazioni e risorse utili e dai anche spazio alle tue offerte e promozioni.

Il giusto mix lo puoi creare condividendo informazioni – sempre utili! – e promuovendo  le tue attività. Se condividi informazioni e basta, puoi avere un buon seguito ma non fai business. Se invece promuovi solo la tua attività alla lunga rischi da annoiare. Il trucco è quello di sfruttare il contenuto interessante per creare fiducia e, una volta ottenuta la fiducia, far sapere ai tuoi follower che cosa fai.

Una cosa che trovo molto utile (e ho visto che funziona) è quello di seguire un planning di pubblicazione dei contenuti. Ecco uno schema generico:

  • Articoli e novità interessanti: 1 post al giorno
    Citazioni e spunti di ispirazione: 3-4 post alla settimana
    Condivisione di nuovi post dal blog: 2 a settimana
    Promozione prodotti e servizi a pagamento: 1 al giorno, anche 2 in caso di promozioni oppure offerte a scadenza

Per ricevere nuovi post e contenuti relativi al tuo tema di interesse uso gli Alert di Google. È sufficiente inserire  le parole chiave per settare gli Alert e, una volta ottenuti i contenuti che interessano, pubblicarli. Cum grano salis. Ovviamente.

2 – Condividi storie, fatti e immagini personali.

Umanizzare il profilo social. Questo per me è di fondamentale importanza. Il pubblico che segue, sia che si tratti di un’azienda che di una professionista, deve sapere chi c’è veramente dall’altra parte della bacheca. Pubblicare contenuti personali dà la possibilità di mostrare aspetti di sé. Via quindi alla condivisione di momenti di vita, positivi o meno. L’interesse suscitato si può tradurre in supporto, prese in giro, consigli, battute, e, perché no, anche critiche che possono portare a dibattiti interessanti. Senza esagerare, con cautela, condividere questa tipologia di contenuti è utile perché permette al pubblico di vederti come una persona reale.
Da considerare che le immagini sono più immediate e creano maggiore coinvolgimento. Dicono cose sulla personalità, i gusti, le abitudini di vita.
Certo, tutto dipende da che tipo di attività è svolta. In molti casi, infatti, è sufficiente pubblicare immagini correlate all’attività svolta per creare una relazione più stretta.

3 – Rispondi appena possibile!

Una buona notizia. Sempre più persone utilizzano i social al posto delle email. La cattiva notizia. Quando ricevi un commento è necessario rispondere subito. Se è il caso, con una risposta sempre positiva e mai critica, cortese e sorridente. A volte basta un semplice “mi piace”, altre volte un semplice grazie. I commenti dei fan e dei follower determinano il grado di interesse per gli argomenti che pubblichiamo. Quando un post è molto seguito e commentato, beh, ci sta indicando che la strada è quella giusta. Cosa fare in caso di lamentele o insulti? Mai contrattaccare. Se è proprio il caso è possibile anche cancellare. Non condivido, ma a volte è necessario. Meglio invece assumere un atteggiamento comprensivo, chiarificatore, responsabile. Mi viene in mente la bacheca di Costa, quella delle crociere. Un caso esemplare di bacheca non gestita.

4 – Partecipa al network

La comunicazione nei social avviene in due direzione. Da una parte si pubblica e dall’altra si assorbono informazioni. Questo è il significato di entrare in rete. Consiglio sempre di farsi un giro sulle bacheche dei propri clienti, follower e fan. Partecipare alle discussioni. Commentare. Offrire aiuto e risposte. Questo a mio avviso è il modo migliore per attirare a sé nuove persone.

Il mondo è sempre più mobile

Esco la settimana scorsa da una riunione con un’importante associazione di categoria: desiderano comunicare. Vorrebbero farlo con i social ma, la stragrande maggioranza degli associati pare che non sia dotato di nuove tecnologie. Che nemmeno le sappia usare… Veramente?

Ieri sera ricevo via LinkedIn un interessante post da un mio collega indiano, il dott. Rajiv Tewari. Sappiamo bene che l’India per le nuove tecnologie è mille passi avanti a noi. Il titolo del post è interessante: “700 milioni di utilizzatori di telefonini mobile in India”. Mi immagino nel resto del mondo. È cosa nota a tutti noi comunicatori che i  brand comunicano con i loro utenti attraverso modalità del tutto nuove e con costi decisamente inferiori. Le regole del gioco stanno cambiando sempre più velocemente. Internet cresce e la penetrazione del mobile aumenta. Infatti, il mercato della carta stampata se da un lato diminuisce, dall’altro è diventato sempre più di nicchia, soprattutto per quanto riguarda il b2b. Ma dove e come si colloca l’Italia? A mio avviso su due fasce estreme: c’è chi usa Internet ed è sempre e molto connesso; c’è chi non lo usa affatto o lo usa male, oppure se lo usa non ne sfrutta appieno le capacità. Proprio come gli associati di cui sopra. Intelligenti, laureati, competenti, ma anche molto pigri.

Il Sillabario di Gribaudo presentato da Vittorio Sgarbi al Circolo dei Lettori

Alfabeto d’artista

Il Salone del Libro non è solo una magnifica esposizione, ma anche una vasta serie di eventi collaterali sparpagliati per tutta la città. Torno a parlarne perché lo scorso lunedì sera, al Circolo dei Lettori, Vittorio Sgarbi ha presentato Il Sillabario. Ezio Gribaudo dalla A alla Z, opera prima della giornalista chivassese Marina Rota.

L’edizione appartiene alla collana “I librini” ed è curata dalla figlia del Maestro Gribaudo, Paola, la quale, oltre a saper fare libri eccellenti, è anche stata nominata Cavaliere delle Arti e delle Lettere da François Mitterand. (Ma questa, secondo buona consuetudine torinese, è un’informazione destinata a pochi eletti). A Torino infatti, chi occupa posti di rilievo nella Cultura, solitamente di Cultura ne sa poco o nulla e, al massimo, è un buon organizzatore…

Vittorio Sgarbi è un grande amico di Gribaudo da sempre e la presentazione del libro, che racconta in ordine alfabetico le creazioni, i viaggi e gli incontri del noto pittore, si è svolta in un clima di grande affetto ed amicizia. Sgarbi, che ha curato la prefazione del volume, ha messo da parte delicatamente l’autrice e si è dedicato alla lettura delle voci corrispondenti alle lettere con grande garbo ed ironia. Sembrava proprio uno Sgarbi d’altri tempi…

Che dire? Ezio Gribaudo, protagonista della scena culturale del 1900 e creatore dei “logogrifi”, dei “dinosauri”, dei “teatri della memoria”, è un pittore piemontese di quelli che non ne esistono più… Ma oltre che pittore è anche un grande comunicatore.

Da sempre – e io ho il piacere di conoscerlo da quando ero bambina – ha capito che il lavoro e la bravura da soli non bastano. Il successo e la notorietà sono frutto di moltissimi fattori, prima fra tutti la capacità di comunicare ciò che si fa a chi abbiamo deciso essere il nostro pubblico. Questo principio vale per qualsiasi prodotto e per qualsiasi mercato. Alla base di questa capacità di relazionarsi con il mondo mi sembra di intuire la presenza di un grande amore per se stessi e per gli altri. Una forma di generosità nel dare prima ancora che nel prendere. Un esempio? La generosità affettuosa di Sgarbi nel presentare il volume, affiancato dalla brillante autrice.

 

 

Il genio di Daniel Libeskind in mostra.

Never Say the Eye is Rigid

Inaugurazione in grande stile alla Ermanno Tedeschi Gallery per i disegni di Daniel Libeskind. Lo scorso giovedì 16 maggio, la galleria straripava di persone. C’erano tutti: quelli che contano, quelli che non contano e quelli che semplicemente vogliono esserci. Quelli che guardano e quelli che come me ammirano.

La galleria di Ermanno è piccola, ma la location è davvero strepitosa. Sull’angolo della strada ha grandi vetrine che si affacciano come grandi occhi sul marciapiede. All’interno una folla straripante di persone, perché di Libeskind ce n’è uno solo e i suoi disegni sono proprio quelli.

“L’atto fisico di disegnare con una mano  è una parte importantissima del processo architettonico. Un architetto ha bisogno di sapere come disegnare, senza una connessione tra occhio, mano e mente, il disegno dell’edificio perderebbe l’anima umana che lo caratterizza e diventerebbe esercizio astratto. Sostengo inoltre che solo disegnando, gli architetti raggiungono i cosiddetti momenti Proustiani, quegli istanti in cui accidentalmente inciampano in pietre della mente, innescando ricordi che magicamente sbloccano quelle visioni che conducono alla vera arte.”

Con un po’ di fatica sono riuscita a fendere la folla e a guardare. Si tratta di progetti disegnati da un architetto (avendone sposato uno, l’esposizione non mi ha sorpreso affatto). Quello che invece mi ha sorpreso è stata la straordinarietà dei progetti disegnati che, da Ground Zero alla nuova Fiera di Milano, mettono in mostra la vasta gamma di stili e tecniche adottate, l’attenzione per l’estetica, l’architettura che va oltre l’architettura, l’arte.

E intanto, lui era lì, piccolo di statura e con un viso simpatico, allegro. In compagnia della moglie. Persone normali, eppure straordinarie. Arrivavano dal Salone del Libro, accolti anche lì da una folla straripante. A dimostrazione che la Cultura piace, muove le persone. Come ha detto il Sindaco Fassino nel suo breve discorso  “la Cultura ha una ricaduta virtuosa sul territorio, muove il turismo”. Bene. Ce ne siamo accorti, finalmente.

 

La nuova anima del Salone del Libro di Torino

Folla da record al Salone del Libro di Torino. La crisi economica morde, la tecnologia avanza ma, visto con i miei occhi, le persone riscoprono il gusto della lettura.

Il Salone infatti non è un salone nel senso classico del termine. Festival mi sembra il termine più adatto. Al Salone del Libro, infatti, tutti sono felici. La grande kermesse è strutturata in maniera tale da soddisfare i bisogni di tutti. Il grande Bookstock per bambini e ragazzi, gli stand dei grandi editori e il calendario fittissimo di presentazioni e di eventi sparsi in luoghi diversi della città. Il famoso “Salone off” che Milano ha copiato chiamando i suoi eventi “fuori- salone”.

A me, personalmente, dei libri in fiera interessa poco. Sono appassionata di Amazon e seguo un paio di librerie cittadine. A me del Salone interessa l’anima digital, ovviamente.

Ho notato, ad esempio, che il sito ha subito un restyling e che Vodafone ha sponsorizzato la nuova app. Ho seguito con interesse La Stampa perché ha creato un evento live a cui hanno partecipato tutti i visitatori interessati. Ecco, questa per me è la vera novità del Salone. Permettere alle persone di partecipare attivamente all’evento culturale, di appropriarsene e viverlo fino in fondo in prima persona. Penso che l’aria di festa che si respirava a Torino fosse proprio questa: l’aver dato all’evento un’anima…

Per “Mercati e Mercatini d’Italia” con Simonetta Bosso

Qualche giorno fa, sono stata nel nuovo spazio Costa d’Oro per la presentazione di Mercati e Mercatini d’Italia, la nuova guida di Simonetta Bosso edita da Gribaudo.

Più che una guida, è un vero e proprio Grand Tour di bancarella in bancarella, per mercati e mercatini dell’antiquariato, del vintage e bric-à-brac. Un viaggio nel belpaese fatto di meraviglie e ottime occasioni, sorprese e scoperte inaspettate; quasi un salto indietro nel tempo in quelli che sono veri “musei all’aperto” in cui trovare gioielli, mobili, curiosità, oggetti di ogni tipo, ciascuno con una lunga storia alle spalle. E poi, una preziosa serie ragionata di consigli sul the best, l’arte della contrattazione, la flânerie…

Simonetta Bosso è una giornalista torinese. Sono andata a curiosare il suo magazine online, Notenews, davvero interessante, al femminile e molto letto. Quasi quasi mi viene voglia di farmene uno mio…

A cena con GNAMMO e i cuochi di Cucina-To

Lunedì sera sono andata alla cena organizzata da Gnammo alla Fondazione Fitzcarraldo in occasione del Digital Food Days.

Che cos’è Gnammo? È un social per mangiatori, un luogo in cui è possibile condividere le proprie abilità culinarie e la passione per il cibo. Offre a tutti – appassionati di cucina e cuochi professionisti – la possibilità di organizzare pranzi, cene ed eventi a casa propria, mettere alla prova la bravura ai fornelli e conoscere nuovi amici. Su Gnammo si può essere iscritti come Cuoco o come Gnammer. Il Cuoco crea menù, organizza eventi e li pubblicizza su Gnammo, poi riceve adesioni da parte degli Gnammer, decide se accettare o meno uno Gnammer in base ai giudizi ricevuti, e si mette ai fornelli. Lo Gnammer cerca posti in cui mangiare: può farlo da casa o in viaggio, in anticipo o “al volo”.

In qualità di Gnammer, sono andata quindi a provare i cuochi di Cucina-To alla Fondazione Fitzcarraldo. Non si trattava di cucina digitale, perché Cucina-To è una piccola gastronomia artigianale fondata da tre ragazzi laureati all’Università di Pollenzo; produce piatti pronti di qualità, cucinati con materie prime fresche e stagionali, coltivate ed allevate da produttori attenti al benessere dell’uomo, al rispetto degli animali e dell’ambiente.

Alcune considerazioni sulla cena e sulla comunicazione. La location: Fondazione Fitzcarraldo ha sede nella ex Tobler: un angolo di paradiso in mezzo al Bronx. La cena è stata imbandita nella sala riunioni: una sede inconsueta ma divertente. Peccato la lunga tavolata non abbia permesso di socializzare con le “ali” estreme del tavolo. Gnammo organizza cene social: allora perché non in piedi con possibilità di scambiare il commensale a lato? Personalmente detesto le cene ad effetto matrimonio e non amo il menù fisso con obbligo di mangiare tutto, ma la cena è stata ottima, servita con cura e certamente cucinata con passione. Ogni ingrediente “raccontato” e poi, fa la differenza sapere da dove arrivano le fragole che mangi.