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Il portone della Basilica di Santo Stefano a Bologna

Crowdfunding Culturale: il restauro del portone della Basilica di Santo Stefano a Bologna.

In italiano esiste l’espressione “fare il giro delle Sette Chiese”. A che cosa si riferisce? L’hai mai usata?

Il Giro delle Sette Chiese è un itinerario pellegrinale praticato a Roma fin dal Medioevo e nella sua forma originaria consiste in un percorso a forma di anello lungo all’incirca 20 km e  che tocca le principali chiese di Roma. Le  prime quattro sono le Basiliche Papali Maggiori:

Originariamente si impiegava una giornata intera per completare il giro, dai primi Vespri a quelli del giorno successivo.. Successivamente  la visita veniva svolta in due giornate dedicando la prima alla sola Basilica di San Pietro e la seconda alle altre sei con partenza dalla Basilica di San Paolo fuori le mura verso nord e in senso antiorario per terminare alla Basilica di Santa Maria Maggiore.

Non tutti sanno che anche a Bologna è possibile fare questo pellegrinaggio visitando il complesso delle “Sette Chiese”, ribattezzato dai bolognesi “Santo Stefano” Si tratta di un complesso architettonico che racchiude diversi stili , tutti diversi fra di loro perché realizzati in momenti religiosi diversi: romanico gotico, pagano. Il fatto che attira certamente l’attenzione è che “Santo Stefano” è stato concepito seguendo un progetto ambizioso. L’intenzione era di ricreare a Bologna i luoghi sacri di Gerusalemme e consentire ai fedeli di realizzare il pellegrinaggio nei luoghi santi (reso quasi impossibile a causa delle guerre continue e dalla pericolosità dei viaggi in mare).  All’epoca era molto sentito   il desiderio di visitare  i luoghi dove era nato e si era sacrificato Gesù. “La Gerusalemme Bolognese” è l’esatta copia della Chiesa del Santo Sepolcro in Terra Santa.

Via Gerusalemme a Bologna è la strada che Gesù fece in sella a un asino per recarsi a Gerusalemme; nello spazio tra Santo Stefano e San Giovanni in Monte venne scavato  un ampio fossato per  rappresentare la Valle di Giosafat  e  San Giovanni in Monte, venne costruito leggermente rialzato rispetto al centro a simboleggiare il Monte Calvario.

L’intera  struttura religiosa iniziò a essere costruita nel V secolo d.C. da San Petronio, santo patrono di Bologna, sopra all’originario tempio pagano dedicato alla Dea egizia Iside, edificato da una ricca cittadina bolognese  in prossimità della trafficata Via Emilia con lo scopo di  aiutare viandanti e soldati a recarvisi e favorirne il culto.

Nella realtà  a Bologna non ci sono esattamente 7 chiese come a Roma bensì  7 distinte zone, rimanendo soltanto 4 delle 7 chiese originali. Il classico percorso di visita comprende:

  • la  chiesa del Crocifisso
  • la chiesa del  Santo Sepolcro
  • il Cortile di Pilato
  • la Chiesa della Trinità, di San Vitale e Agricola
  • il chiostro e la Cappella della Benda.

Tutte le chiese elencate  contengono ognuna dei segreti da scoprire. La chiesa del Santo Sepolcro dall’esterno appare di forma ottagonale  mentre all’interno è a pianta centrale  con una grande cupola dodecagonale. Al centro si trova  l’edicola dove fino al 2000 riposavano le ossa di San Petronio e troviamo un pezzo originale della roccia del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Le 12 colonne sarebbero posizionate nella posizione originaria “a  guardia” al ninfeo del Tempio di Iside. e la  tredicesima colonna di marmo nero, proveniente dall’Africa, non allineata con le altre, che rappresenta la colonna dove venne flagellato Gesù Cristo e su cui si vedono ancora le fessure dove i flagellanti potevano aggrapparsi  con le mani. Il pozzo, chiuso da una grata, contiene l’acqua di una sorgente a ricordare  l’acqua del Giordano, il fiume dove Cristo venne battezzato dal Battista.

Dentro a  San Vitale e Agricola, nel ‘400 venne rinvenuto un sepolcro con l’enigmatica scritta SYMON. I fedeli, credendo che qui riposassero i resti di Simon Pietro lo trasformarono in luogo di culto che fece affluire verso Bologna  una grande moltitudine di pellegrini, tanto da farla diventare una meta più appetibile addirittura di Roma, la capitale della Cristianità. Papa Eugenio IV, infastidito dalla popolarità di Bologna e vedendo minacciato il suo potere ordinò che la chiesa venisse scoperchiata e riempita di terra e, solamente  dopo oltre sessant’anni,la chiesa venne riaperta alle funzioni.

La Chiesa del Crocifisso, la prima entrando dalla piazza, rappresentava la Casa di Ponzio Pilato con un sedile di pietra dove il magistrato avrebbe interrogato Gesù. Nella cripta ci sono diverse colonne di larghezza e altezza diverse fra di loro ma una di queste, la seconda a destra fatta di due parti in pietra di marmo bianco, rappresenta l’altezza del Figlio di Dio, cioè 170 cm.

Nel Cortile di Pilato giganteggia il cosiddetto “Catino di Pilato” o il “Santo Graal Bolognese” a forma di calice, un dono del Re dei Longobardi e rappresenta il recipiente dove Pilato si lavò le mani della condanna di Cristo. Nella Cappella della Benda è conservata  la striscia di tela che le mediorientali portavano sulla fronte in segno di lutto che, dice la tradizione, venne usata da Maria  durante l’agonia di Gesù per asciugare il sudore dalla fronte.  

Una campagna di crowdfunding per restaurare il portone della basilica di Santo Stefano

Dal 15 luglio fino al 15 di ottobre è stata messa online sul portale www.innamoratidellacultura.it la campagna di crowdfunding proposta dall’Associazione Assosantostefano per il restauro della Porta lignea della Basilica di Santo Stefano a Bologna. Assosantostefano ha scelto di rivolgere la sua attenzione alla Porta lignea della Basilica perché tra le sue Sette Chiese vi è la riproduzione del Santo Sepolcro.

Il Restauro

Il portone in legno di Santo Stefano oggi necessita di una ripulitura per ritornare all’antico splendore ma anche la recinzione lunga 73 mt che avvolge il lato ovest del complesso di S. Stefano è praticamente inabissata e ricoperta dalla  ruggine e risulta usurata nelle parti più nascoste verso via Santa. Riportarla alla sua dignitosa funzione protettiva e recuperarla nelle parti più danneggiate dal tempo e da usi impropri fa parte del progetto di recupero.

La parte inferiore della Porta, esposta alle intemperie ed agli agenti chimici rilasciati dalle idro-pulitrici per la pulitura del sagrato antistante, presenta erosioni importanti.  Il ritocco verrà effettuato considerando anche l’assoluta necessità di un trattamento contro gli insetti xilofagi dovuti dalla vetusta esposizione alle intemperie senza un’adeguata protezione. Al termine dell’intervento di pulitura, in una seconda fase, verrà applicata sulla superficie uno speciale prodotto contro i graffiti e le scritte, in modo tale da conservare più a lungo il ripristino.

Il restauro sarà eseguito da un Restauratore esperto nonché Professore docente dell’Accademia delle Belle Arti di Bologna.

La ripulitura della cancellata/recinzione del lato ovest della Basilica di Santo Stefano sarà effettuata da una Ditta che si compone di pochi e fidati artigiani esperti del settore del legno, del ferro, del trattamento di travi d’epoca, di sistemazione crepe degli affreschi con particolari materiali elastici e riparatori su cui lavorano i restauratori.

Chi è Assosantostefano?
L’Associazione Piazza Santo Stefano e dintorni’ e nasce, nel 2012 a seguito della collaborazione di residenti e non della omonima piazza con lo scopo di tutelare il decoro e la vivibilità del centro storico di Bologna, con sguardo particolare rivolto alle iniziative che promuovono la cultura, l’arte e la tutela del patrimonio artistico di Bologna.
L’Associazione collaborando con il Quartiere Santo Stefano, il Comune, e Istituzioni come il “Conservatorio G. B. Martini”, la Basilica di Santo Stefano, ha organizzato programmaticamente nei mesi estivi di giugno e luglio eventi, concerti, danze classiche e moderne e  cori di notevole pregio artistico.
In questi ultimi anni, viste le condizioni di progressiva mutevolezza dello status sociale e generazionale, gli associati hanno  intrapreso un nuovo percorso allargando gli ambiti di azione dell’associazione. Gli obiettivi condivisi con gli Enti Istituzionale per il benessere della collettività hanno dato modo di avviare una stretta cooperazione con organi comunali di governo come le Consulte e le commissioni di quartiere legate all’ambito dell’Inclusione Sociale, della Cultura, dell’Ambiente. Di queste ultime Commissioni alcuni componenti del Consiglio Direttivo ne facevano già parte.

Come avverrà il restauro?

Il restauro del Portone verrà realizzato attraverso il meticoloso lavoro di un esperto restauratore dott. Federico Capitani – professore dell’Accademia delle Belle Arti di Bologna che procederà attraverso la pulitura ed il ripristino dell’antico portale.
Saranno coinvolti anche alcuni studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Bologna guidati e coordinati dal maestro Capitani.

La pulitura ed il ripristino della recinzione sarànno eseguiti dalla Ditta Monticelli Luigi la quale provvederà alla sverniciatura, saldatura e tinteggiatura del materiale antico. Il lavoro risulterà magnifico e porterà una grandissima miglioria alla nostra amata basilica!

Contatta Assosantostefano

assosantostefanobologna@gmail.com

redazione www.innamoratidellacultura.it

VIVA VERDI supporta il restauro di Villa Verdi

Crowdfunding culturale: salviamo il Museo di Villa Verdi dalla chiusura.

Una campagna di crowdfunding per salvare il Museo di Villa Verdi dalla chiusura.

Ci mancava solo il lockdown. A tre chilometri da Busseto, a Sant’Agata, una frazione di Villanova sull’Arda appena oltre il torrente Torgina , Il Museo di “Villa Verdi”, storica dimora fatta costruire   dal famoso compositore italiano Giuseppe Verdi per i suoi genitori e in cui però decise di trascorrere gli anni della sua maturità insieme alla compagna Giuseppina Strepponi, rischia oggi la chiusura. Definitiva. Come sta accadendo per la stragrande maggioranza dei luoghi italiani di eccellenza culturale,  la mancata possibilità da parte della proprietà di aprire le proprie porte ai turisti (che generalmente a partire dalla primavera arrivano a migliaia da ogni parte del mondo per  visitare  gli interni della Villa e il  romantico parco ottocentesco)  sommata all’impossibilità di  organizzare eventi a causa delle norme per il distanziamento sociale, ha ridotto drasticamente gli introiti lasciando però immutati i costi fissi fra i quali anche gli stipendi delle cinque persone che da anni prestano opera per la Villa .

Il Museo di Villa Verdi è una dimora storica privata e come tale non ha mai potuto beneficiare di alcun supporto economico  da parte del pubblico. I fondi per mantenerla aperta e conservarne la bellezza degli esterni e degli interni finora sono stati messi a disposizione dall’attuale proprietario, Angiolo Carrara Verdi. Il 2020 era programmato come l’anno dedicato al restauro. Alcune parti della villa necessitano interventi urgenti di manutenzione e ripristino ma, quattro mesi di chiusura forzata hanno generato un disastro. Per evitare  che la Villa debba affrontare un nuovo lockdown , questa volta ben più drammatico e definitivo,  Angiolo e sua moglie Manuea,  hanno pensato che organizzare una  raccolta fondi su una piattaforma specializzata poteva essere una buona soluzione.

La piattaforma selezionata è www.innamoratidellacultura.it , italiana e ben conosciuta da chi lavora in ambito culturale. Nel 2019 è stata nominata piattaforma ufficiale di Matera Capitale della Cultura e nel corso degli  anni ha ospitato diverse campagne per importanti realtà culturali  nazionali. Perché quindi questa piattaforma e non un’altra, magari americana? La prima risposta è di tipo etico. Scegliere una piattaforma italiana significa dare lavoro a un’impresa nazionale. La seconda risposta è di tipo pratico. Il team di lavoro di www.innamoratidellacultura.it offre assistenza professionale in italiano per la realizzazione dei contenuti e mette a disposizione  dei progettisti la possibilità di pubblicare le proprie idee sottoponendole ad una grande comunità di persone, profilate e realmente interessate all’arte e alla cultura italiane.

Qualche notizia storica su Villa Verdi

Il terreno che arrivava fino all’argine del fiume Po su cui oggi  sorge Villa Verdi  venne acquistata dal celebre compositore italiano nel 1848  per i genitori, Carlo Verdi e Luigia Uttini ma, dopo la morte di sua madre, il padre tornò a vivere a Busseto e solo a partire dal 1851 Verdi dimorò nella Villa . Fu proprio Verdi a eseguire di proprio pugno gli schizzi del progetto di ampliamento e a dare  indicazioni dettagliate per la scelta dei materiali da utilizzare fino a farla diventare come egli volle e come oggi noi la vediamo, una magnifica ed elegante dimora ottocentesca immersa in un parco ricco di alberi e piante secolari ed esotiche con un laghetto, grotte, un ponte rosso e una ghiacciaia.

In origine la Villa era una casa padronale di campagna a cui  Verdi fece aggiungere due ali  completando il tutto con una imponente terrazza sulla facciata, le serre, una cappella e la rimessa per le carrozze sul retro. Verdi e Giuseppina Strepponi dedicarono molto tempo alla cura del parco e il  musicista curò personalmente la gestione dei terreni agricoli, tanto che al censimento, si dichiarò agricoltore.

Presso la villa, il maestro Verdi, ospitò numerosi amici e, dopo la morte di Giuseppina  Strepponi, nel 1897, il Maestro continuò ad abitare a Sant’Agata anche se  amava trascorrere il periodo invernale presso il Grand Hotel et de Milan, luogo in cui  morì nel 1901.

Il Museo di Villa Verdi

Una parte della casa è ancora abitata dalla famiglia degli eredi del Maestro mentre un’altra   porzione dell’edificio è stata adibita a museo. Le stanze normalmente aperte al pubblico sono cinque: la camera di Giuseppina Strepponi, lo spogliatoio dove oggi si trova anche il piano utilizzato da Verdi durante la composizione di Rigoletto (1851), la camera da letto del Maestro. Questo per chi ama il Maestro è un  luogo speciale perché è qui che Verdi lavorava e dormiva: la distanza fra letto e scrittoio è davvero ridotta al minimo per poter permettere di fermare l’ispirazione notturna. L’accesso della stanza è diretto dal giardino in cui Verdi era solito passeggiare, anche in solitudine. In questa camera, in una teca, sono conservati i famosi guanti bianchi con cui Verdi ha diretto la Messa di Requiem del 22 maggio 1874 per commemorare Alessandro Manzoni. Subito dopo la camera da letto, si visita lo studiolo in cui sono conservati spartiti, lettere, biglietti oltre al cilindro nero e alla sciarpa bianca con cui Verdi è spesso rappresentato nelle sue immagini più note. L’ultima stanza visitabile è la camera del Grand Hotel et de Milan, l’albergo ancora oggi situato nei pressi del Teatro alla Scala, dove Giuseppe Verdi morì il 27 gennaio del 1901. I mobili originali sono stati trasportati a Villa Verdi e qui esposti. Una visita dedicata a pochi perché davvero esclusiva è quella del  “salotto rosso”, del “salottino rosa”, della stanza del biliardo a cui si aggiungono la biblioteca e la sala da pranzo. Sono tutte stanze private che non fanno parte del circuito normalmente proposto da Villa Verdi , e per il visitatore rappresentano certamente una meravigliosa e imperdibile occasione.

Perché un crowdfunding?

Salviamo Villa Verdi. Il significato è  chiaro. Senza l’aiuto della folla Villa Verdi chiude. Per sempre. I cinque dipendenti resteranno a casa e le condizioni interne della dimora non potranno che deteriorarsi ancora di più. Villa Verdi è un unicum, un bene che, anche se privato, appartiene alla memoria culturale di tutti noi italiani  e che non può assolutamente andare perduto. Il rischio purtroppo c’è ma si può evitare.

Quali sono gli interventi più urgenti? Senza dubbio pagare gli stipendi allo staff. Subito dopo procedere con determinazione mirata al restauro della Villa. Andando per ordine. Un passo alla volta. Calcolando bene lo sforzo e scegliendo con cura gli interventi più urgenti:

SALOTTO ROSSO – In questo salotto il Maestro riceveva pochi e selezionati ospiti come i librettisti Francesco Maria Piave o Arrigo Boito, pittori del calibro dei fratelli Palizzi o Boldini, l’editore Ricordi o gli aristocratici Andrea e sua moglie Claretta Maffei. Qui si discuteva di tante cose oltre alla musica; stiamo parlando del periodo risorgimentale in cui per strada si gridava “VIVA V.E.R.D.I”, l’acronimo di Viva Vittorio Emanuele re d’Italia. Il restauro in questo caso riguarda il soffitto   rovinato dalle infiltrazioni di acqua causate da un terrazzo sovrastante. Il Prezzo stimato per il restauro del Salotto Rosso è di circa 50.000,00 euro.

 TETTO – Importanti lavori di restauro anche per il tetto delle carrozze che rischia il crollo. Il restauro del tetto impegna fino a 6.000,00 euro.

STRUTTURA – Tinteggio di una parte esterna della dimora € 25.000,00

RESTAURO PIANOFORTE ERARD: euro 14.000

SITO WEB – un nuovo sito arricchito di visite virtuali per consentire le visite della Villa a distanza e mantenere viva la memoria del maestro euro 5000,00

Come si svolgerà la campagna?

Quante sono le persone al mondo innamorate di Giuseppe Verdi? Tantissime, decine di migliaia. Sparse in ogni nazione del mondo. Appassionati della grande musica del Maestro. Saranno pronti a donare? Forse, speriamo. Qual è l’opera lirica più rappresentata al mondo? La Traviata di Giuseppe Verdi. Opera grandiosa. Magnifica.

Mai come in questo momento difficile che l’Italia sta attraversando sostenere –e mantenere – l’apertura e i restauri della storica abitazione di Giuseppe Verdi assume un significato di grandissima importanza simbolica. Manuela e suo marito Angiolo    contano su una ricchissima mailing list di appassionati del Museo Villa Verdi ma, anche su una vasta comunità di artisti, cantanti, direttori d’orchestra, critici d’arte  e musicali. Tutte queste persone verranno contattate una ad una e sollecitate a partecipare e, per farle sentire parte di questa iniziativa “famigliare” le ricompense saranno tutte offerte direttamente dalla proprietà e  e “consumate” fra le mura della Villa e del Parco.

Il link della campagna è il seguente
hhttps://www.innamoratidellacultura.it/projects/salviamo-il-museo-di-villa-verdi

E’ sufficiente cliccare e, quando  si arriva sulla pagina della campagna pubblicata su www.innamoratidellacultura.it si può scegliere la cifra con cui si desidera partecipare. Viene rilasciata una ricevuta? Si, il portale invia una ricevuta al momento della donazione. Si può usare la carta di credito? Si, la transazione è sicura e i fondi donati vengono inviati direttamente al conto corrente di Villa Verdi. Si può donare più di una volta? Certamente. Usando il proprio nome oppure uno pseudonimo.

In questo momento, quando le urgenze che ci chiamano a intervenire sono tante, troppe ha senso aiutare la cultura italiana? Si, certamente. In Italia la cultura in Italia produce il 5,7% del Pil ed è proprio la cultura con la sua bellezza, gli eventi e i luoghi speciali che incentiva i turisti a visitare il nostro bellissimo paese. L’Italia, da nord a sud, isole comprese, è un vero e proprio museo a cielo aperto. L’unico grande spettacolo che vale davvero la pena di applaudire.

Partecipa alla campagna di crowdfunding culturale per salvare il Museo di Villa Verdi hhttps://www.innamoratidellacultura.it/projects/salviamo-il-museo-di-villa-verdi e innamorati anche tu della cultura italiana!

Emanuela Negro-Ferrero – www.innamoratidellacultura.it  

Il restauro in Italia? Eccellenza al femminile.

La settimana scorsa ho visitato  il Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” in compagnia del Presidente dell’Associazioni Amici del Centro e di una esperta professionista in archivi. Sebbene il centro sia stato aperto nel  2005 e le mie visite alla Reggia di Venaria siano molto frequenti, non avevo mai avuto occasione di vederlo.

La sede è ospitata in un’ala laterale della Reggia e, leggo dal sito centro di conservazione e restauro della Venaria Reale  che si tratta , di una scuola di alta formazione dedicata alla costruzione di professionalità nei diversi ambiti del restauro.

Restauratori all'opera a Venaria Reale

Restauratori all’opera a Venaria Reale

Mi aspettavo di vedere una sorta di bottega d’artista con opere meravigliose sparse qua e là. Le opere ci sono ma, confesso che non me lo aspettavo, gli ampi laboratori  sono occupati per lo più da macchinari.  Ce ne sono diversi, alcuni di dimensioni molto grandi.Le persone lavorano indossando camici bianchi e scarpe antinfortunistica. Ho notato, mentre giravo scattando foto e osservando le opere,  che si tratta per lo più di donne.

Il restauro quindi è un mestiere femminile? Sembrerebbe di sì. Da un articolo del 2015 pubblicato sull’inserto IoDonna http://www.iodonna.it/attualita/in-primo-piano/2015/10/06/ risulta che in Italia il restauro sia una professione per donne con dati che riportano una presenza di 9 a 1.

Il restauro è donna?

Il restauro è donna?

Le donne negli anni risultano essere vincitrici dei bandi di accesso all’ISCR (Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro di Roma), alla  scuola dell’Opificio delle Pietre dure di Firenze   e al la  Fondazione Centro Conservazione e Restauro ‘La Venaria Reale’. Queste persone, una volta terminato l’iter formativo possono esercitare con il riconoscimento del Mibact e del Ministero del Turismo. Si tratta di pochi diplomati ogni anno  perché le scuole che offrono un diploma riconosciuto sono di numero limitato, costose e offrono pochissimi posti. In Italia, esiste una costellazione di persone che arrivano ad esercitare la professione passando da iter formativi diversi: per esempio,  c’è chi lavora a bottega , chi frequenta scuole dedicate al restauro che però non rilasciano  la qualifica di ‘restauratore’ richiesta dal Ministero e che è necessaria se si vuole lavorare con la Sovrintendenza» o chi si mette in proprio dopo il diploma dell’Accademia di Belle Arti.

La questione è oggetto di accesa discussione con il Ministero ed è ancora aperta. Un vero peccato se si pensa alla mole di opere, manufatti ed edifici che potrebbero dare lavoro e occupazione.

Mentre  osservavo una delle  due restauratrici del Centro del Restauro intenta a tagliare con attenzione  e precisione chirurgica una pezzo di stoffa e poi appoggiarlo con delicatezza sul retro di un dipinti tardo secentesco, mi sono resa conto che si tratta di un mestiere di grandissima  responsabilità. Mettere le mani su un’opera o su di un manufatto, richiede grande perizia e attenzione oltre che, immagino, la capacità di rimanere neutri rispettando l’originalità conferita dall’autore.

Il restauro è un mestiere delicato e implica grande peri

Il restauro è un mestiere delicato e implica grande peri


Il tempo che avevo a disposizione  purtroppo era poco e non ho potuto approfondire più di tanto.  Certamente abbiamo approfondito l’aspetto cruciale che poi, in sintesi,  è la solita mancanza di fondi. Il restauro, di qualsiasi genere si tratti,  implica che ci sia un committente. Alcuni interventi sono estremamente costosi e richiedono non solo l’intervento del professionista ma l’utilizzo di materiali particolari.

Ritengo che il crowdfunding sia una buona soluzione a patto però che chi possiede il bene sia in grado di condurre la campagna di comunicazione necessaria a promuovere la raccolta fondi e intercettare sponsor e mecenati. Questo è un punto che in Italia non è ancora compreso. L’affermazione  “tanto il crowdfunding non funziona” andrebbe corretta in “il progettista  non è in grado di affrontare una campagna di crowdfunding”. Non è vero. Come per tutte le attività, il crowdfunding ha delle regole. Chi non le conosce o non le rispetta è destinato a fallire.

 

Emanuela Negro-Ferrero – Ceo    www.innamoratidellacultura.it

24 agosto 2016. La nostra grande bellezza ridotta in polvere dal terremoto.

I terremoti sono un fenomeno naturale che avvengono nella parte più superficiale del nostro pianeta. Le rocce che formano la crosta e il mantello superiore subiscono continuamente giganteschi sforzi risultato di lenti movimenti tra le grandi placche in cui è suddiviso lo strato più superficiale della Terra, come se fosse il guscio incrinato di un uovo.

Questi  movimenti sono prodotti dai moti convettivi del mantello che  trascinano le placche e le spingono creando  sforzi intensi quando sono  vicini ai confini che ci sono tra le placche stesse, come per esempio in Italia e in generale in tutto il Mediterraneo, e ridotti  al loro interno, come succede nel aree geografiche del Canada e  dell’Africa centro-occidentale

 

 

L’Italia si trova al  margine di convergenza tra due grandi placche, quella africana e quella euroasiatica. Il movimento relativo tra queste due placche causa  grandi accumuli di energia  che, quando viene rilasciata, si trasforma in  terremoti di varia entità.

L'aquila

L’aquila

I terremoti del passato

Osservando la mappa dei terremoti italiani dall’anno 1000 al 2006 (http://emidius.mi.ingv.it/CPTI11/),  si può  vedere che i terremoti spesso si ripetono  in zone già colpite in passato. Gli eventi storici più forti si sono verificati  nelle Alpi orientali e lungo gli Appennini centro-meridionali, dall’Abruzzo alla Calabria e in Sicilia. Ma ci sono stati terremoti importanti anche nell’Appennino centro-settentrionale e nel Gargano. Dal 1900 ad oggi si sono verificati 30 terremoti molto forti (Mw≥5.8), alcuni dei quali sono stati catastrofici.Il più forte tra questi è il terremoto che nel 1908 distrusse Messina e Reggio Calabria. Eppure, poco o nulla è stato fatto dai vari governi per prevenire i danni causati dal terremoto 

terremoto nel Belice

terremoto nel Belice

La grande bellezza in polvere potrà mai essere ricostruita?

“Amatrice non c’è più”,  questa è la frase che ovunque si può leggere e sentire su  giornali, tv e internet in relazione alla devastazione causata dal  terremoto che ha devastato il centro Italia pochi giorni fa . A cinque  giorni dal sisma il bilancio è drammatico: sono 291 i morti accertati e 2500 gli sfollati tra Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto e Pescara del Tronto.   Secondo il Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo (Mibact), solo ad Amatrice, dove sono crollate 8 chiese, sarebbero presenti 3.000 opere di valore culturale e artistico. I danni molto gravi sono quelli prodotti dai crolli  che hanno scoperchiato le chiese, i palazzi. Leggo sul sito del Sole24 ore che  una prima mappatura fa emergere questi danni enormi nel centro di Amatrice, ad Accumoli, ad Arquata del Tronto, qualcosa anche a Norcia e nelle  centinaia di borghi intorno ad Amatrice, oltre che nella città stessa naturalmente.

Amatrice, si scava dopo il sisma

Amatrice, si scava dopo il sisma

Una lunga storia di terremoti 
Terremoto del Belice: 14 gennaio 1968, una forte scossa del nono grado della scala Mercalli colpisce la Sicilia Occidentale provocando 360 vittime e più di 57mila senzatetto.

Terremoto in Friuli: Il 6 maggio 1976, alle ore 21, una scossa di magnitudo 6,4 della scale Richter colpisce il Friuli, il numero delle vittime fu di 939 e 80mila i senzatetto. 

Terremoto in Irpinia: Il 23 novembre 1980 una forte scossa di terremoto (6,5 scala Richter) interessa l’Irpinia, in provincia di Avellino, causando 2914 morti e oltre i 400mila senzatetto.

Terremoto in Umbria e Marche: Il 26 settembre 1997 due scosse di magnitudo 6 della scala Richter colpiscono l’Italia centrale, le regioni di Umbria e Marche. Le vittime furono 11 e circa 40mila i senzatetto.

Terremoto del Molise: Il 31 ottobre 2002 una scossa magnitudo 5,4 della scala Richer in Molise, i morti furono 30, tra questi 27 bambini rimasti vittime dal crollo della scuola elementare di San Giuliano di Puglia.

Terremoto dell’Aquila: Il 6 aprile 2009 un terremoto di magnitudo 5,9 scala Richter con epicentro a 8 km dalla superficie rade al suolo la città dell’Aquila provocando 308 vittime.

Terremoto in Emilia Romagna: Il 20 maggio 2012 una scossa di magnitudo 5.9 interessa il nord Italia nelle province di Ferrara, Modena, Mantova e Bologna, seguito da un nuovo evento sismico di magnitudo 5,8 il 29 maggio 2012 nella provincia di Modena. Tra la prima e la seconda scossa le vittime che si contarono furono 27.

Come sono andate la ricostruzioni? 

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Il bilancio è infausto: in  meno di cinquant’anni possiamo contare quasi cinquemila morti, oltre 500 mila sfollati e 120 miliardi di euro di soldi pubblici spesi per ricostruire. Ma si è mai veramente ricostruito?  Navigando in rete scopro che  solo il Friuli è, forse, l’unico caso positivo di post terremoto. Il   Governo Moro nominò il giorno dopo il sisma  un commissario straordinario ad hoc e le azioni intraprese portarono alla  ricostruzione di tutto, dalle case alle Chiese alle fabbriche e  a metà anni ’80 gli ultimi sfollati tornarono nelle loro case.  Il post terremoto dell’Irpinia e  quello del Belice, segnano  la più grande sconfitta di un’amministrazione statale, e di quelle locali, incapaci di gestire la ricostruzione nonostante il fiume di denaro messo a disposizione.

Lo sapevate che ancora oggi  nonostante paghiamo ogni volta che facciamo carburante 4 centesimi di euro per litro, non si è riusciti a completare i lavori e i fondi stanziati sono “evaporati” altrove ?   A l’Aquila le persone vivono ancora, dopo sette anni, nei moduli abitativi provvisori della New Town voluta da Berlusconi.

Siamo pronti alla ricostruzione?

Sapendo che l’Italia  da nord a sud si trova esattamente sul confine che divide la placca Africana da quella Euroasiatica  e che i terremoti inevitabilmente continueranno ad esserci anche in futuro sarebbe il caso di varare seriamente un piano antisismico  smettendola di strombazzare a disastro avvenuto. 

Mi sento di cosigliare una visita a Gibellina,  dove il grande artista Alberto Burri ha realizzato il “Cretto”  un monumento all’orrore, composto dalla vie e dai vicoli della vecchia città spazzata via dal sisma. Un tentativo di congelare la memoria storica, e in un certo qual modo di mantenere viva l’identità del paese.

Oggi esiste la prima urgenza che è quella dei medicinali, dei viveri, degli abiti e del denaro per dare assistenza e conforto. un domani nemmeno troppo lontano sarà necessario raccogliere fondi per ricostruire. Come è stato fatto ad Assisi. Dopo il sisma del 1997, dieci anni e 37 milioni di euro dopo gli affreschi del Cimabue sono stati restituiti all’umanità. Perchè l’Italia di cui noi poco ci curiamo e ci occupiamo non è nostra. La sua straordinaria e unica bellezza appartiene a tutta l’umanità e ai nostri figli a cui lasceremo un’eredità pesante da gestire.

Iniziare a raccogliere fondi, questa è una bella idea. Possiamo pensare di iniziare da  qui.

 

Emanuela Negro-Ferrero   enf@innamoratidellacultura.it

 

Italia, terra di poeti, navigatori, artisti e castelli.

Quanti castelli ci sono in Italia? In tutto  ci sono 3177 castelli. Gli edifici storici sono divisi fra castelli veri e propri, residenze nobiliari e fortezze. Si tratta di un patrimonio diffuso su tutto il territorio, estremamente bello e variato. Ci sono castelli con il fossato e altri senza il fossato. Alcuni sono circondati da mura e altri si trovano sulla sommità di un borgo antico. Molti castelli negli anni sono stati riconvertiti in musei e hotel e altri a, al di fuori dei circuiti turistici, sono ancora abitati da eredi di famiglie di stirpe nobile e da qualche eccentrico amante delle atmosfere antiche. Secondo una statistica catastale dell’Agenzia del Territorio datata 2007,  2404 famiglie italiane vivevano in “castelli e o palazzi di eminenti pregi artistici o storici”.

Castello-di-Fenis-Valle-d-AostaPer avere informazioni più dettagliate è utile consultare il sito www.icastelli.it che, sebbene  incompleto, traccia una mappa per regioni e province, dei castelli italiani, e il libro, oggi non facile da trovare, Guida ai castelli d’Italia. Oltre 500 luoghi di antico fascino di Enrica Roddolo che nel 2004 metteva insieme oltre 500 schede di castelli.

Panoramica del castello

Castelli di tipo speciale, che suscitano n grandissimo interesse negli appassionati di storia militare, sono le fortezze.

In Italia, le  fortezze medicee sono  un maestoso complesso architettonico progettato per la difesa del Ducato di Toscana  costruite alla metà del Cinquecento per iniziativa di Cosimo I de’ Medici. In tutto si tratta di sei edifici fortificati di grandissima bellezza e che vale certamente la pensa di visitare.

Molto pregiata, in provincia di Arezzo , è la Fortezza del Girifalco (o Medicea).

Il passato

Questa struttura difensiva venne  utilizzata probabilmente nel periodo alto medioevale da guarnigioni gote e longobarde, ma la prima documentazione certa risale all’anno 1258, quando fu ceduta ad Arezzo. Dopo il 1266 vi furono eseguiti diversi interventi di rifacimento, proseguiti poi successivamente nel 1300 sotto la Signoria dei Casali. Furono poi i Senesi ad aiutare i Cortonesi sia nella ricostruzione delle mura che della Fortezza, poco prima che la città passasse sotto il dominio di Firenze (1411). Risale proprio a questo periodo il corpo centrale, che serviva da chiave di volta del circuito delle fortificazioni.  Nel 1540 Cosimo I° de’ Medici (detto Cosimo il Vecchio), dopo aver visitato tutte le fortezze della Toscana, per stabilire quali rafforzare ed ammodernare, scelse il Girifalco di Cortona.

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L’aspetto attuale della fortezza del Girifalco è deriva dalla  ristrutturazione cinquecentesca: imponenti mura seguono un tracciato trapezoidale con quattro bastioni angolari di forme e dimensioni diverse ognuno con un proprio nome: a sud  S. Margherita ad ovest S. Maria Nuova , a nord S. Egidio si) e infine S. Giusto a sud. Al loro interno si trovavano il magazzino delle polveri ed il carcere (a sud), quattro posti cannone (a ovest), due cannoniere (a nord) e tre fuciliere (a est). Le mura all’interno hanno un terrapieno utile all’epoca per attutire i colpi dell’artiglieria, mentre ogni bastione ha delle feritoie laterali su cui venivano sistemati i cannoni che consentivano di difendere tutti i lati della struttura.

Il presente

Oggi la fortezza del Girifalco ha nuovamente bisogno di essere ristrutturata.  Qualcosa si era mosso perché nel 2010 il cantante Lorenzo Jovanotti  si era attivato per ottenere la ristrutturazione del bastione di Santa Maria. L’intervento è stato realizzato grazie al sostegno congiunto di Montepaschi e del Comune di Cortona ed oggi ospita le sale di incisione del cantante. Ma il progetto di recupero della fortezza è molto più ampio e i costi, stimati per la prima tranche della “Casa del Capitano” si aggirano su oltre il milione e mezzo di euro.

Da febbraio 2016 il progetto di recupero della fortezza è passato “sotto l’ala” della Associazione Culturale  On The Move.  L’Associazione, che da sei anni organizza in estate il festival dedicato alla fotografia di viaggio “Cortona On The Move” , in cambio dell’utilizzo degli spazi della fortezza, si è attivata per trovare i fondi per restaurarla. L’obiettivo però non si limita al recupero architettonico. Il sogno da raggiungere è molto più  ambizioso perché prevede la costruzione di una Accademia Internazionale di Arti Visive e Design destinata ad accogliere a Cortona durante tutto l’arco dell’anno giovani creativi provenienti da tutte le parti del mondo.

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Il primo passo operativo è stato attivare una campagna di crowdfunding sul portale www.innamoratidellacultura.it  e offrire, a chi dona interessanti ricompense scelte con cura in ambito enogastromico e turistico locale.

Il link https://www.innamoratidellacultura.it/campaigns/fortezza-girifalco-cortona/#.V5oxAPmLTIU è attivo per le donazioni con PayPal e Stripe mentre la raccolta fondi tradizionale, e quindi le donazioni più consistenti, possono essere inviate tramite bonifico bancario inviando prima una mail con i propri dati personali a info@pinkfishstyle.co.uk  , la società incaricata dall’Associazione per la ricerca di  sponsor e grandi donatori.

Le donazioni sul portale, oltre ad essere tracciate e pubblicate “in chiaro”, riceveranno lo sgravio fiscale derivante dal beneficio “ArtBonus” che il ministero dei beni culturali assegna ad alcuni beni pubblici di particolare pregio. I cittadini esteri, nel caso decidessero di intervenire in maniera consistente al restauro, potranno godere delle deduzioni vigenti nei paesi di origine oltre che dalla possibilità di essere indicati con una targa e, se la donazione è importante, dall’utilizzo del bene restaurato per eventi personali o aziendali.

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Il patrimonio artistico e architettonico italiano è straordinario, unico al mondo ma se non si interveniamo economicamente per restaurarlo, rischia seriamente di scomparire.

Partecipare alla nostra avventura di salvataggio è importante. Vi chiediamo di dare il vostro sostegno alla campagna di crowdfunding e, se non potete farlo ma vi interessa comunque partecipare potete farlo diffondendo  questa campagna ai vostri amici e nella vostra comunità.

We love Italy, and you?

Emanuela Negro- Ferrero – enf@innamoratidellacultura.it