Il museo che vorrei. Da semplice contenitore a costruttore di relazioni con la comunità. Possibile? Si

Entro Emanuela Negro Ferrero

Il museo che vorrei

Il museo che vorrei

Negli ultimi mesi del 2015 il Ministero ha nominato nuovi direttori per importanti istituzioni museali nazionali. Molti dei bandi pubblicati riportavano l’indicazione di scrivere una lettera di interesse contenente la propria idea progettuale. Uno spunto suggestivo, che ha messo in moto molti pensieri e ragionamenti. Alla luce di ciò che osservo quando visito penso che per i musei italiani sia arrivato il momento di cambiare. Come? Innovando, ovviamente. Conquistando una nuova identità che non è più limitata all’esposizione delle collezioni. Ma che ha a che fare con la costruzione di una forte interazione fra il museo e il suo pubblico e, ancora, con il suo territorio di riferimento. Il pubblico, e questo è un fenomeno diffuso in ogni settore, è sempre più esigente, curioso, attento.

Studio Azzurro. installazione multimediale

Studio Azzurro. installazione multimediale

La direzione che intravedo come virtuosa per il museo è quella di uscire dalla mera funzione di produzione e conservazione ed evolversi sempre più verso una valorizzazione del territorio circostante in termini di identità e di riconoscimento della comunità che lo vive. Il museo, soprattutto se importante ed alto traffico di visitatori, a mio avviso deve soddisfare le esigenze dei vari pubblici diversificando l’offerta. Senza andare troppo distante, Palazzo Madama e il Castello di Rivoli hanno attivato un dipartimento educativo efficace, efficiente e in grado di offrire attività formativo- educative di altissima qualità. La parte espositiva se da una lato è quasi ovunque di elevatissima qualità, dal versante informativo è carente.

Una visita indimenticabile

Una visita indimenticabile

La mia passione per l’innovazione digitale mi fa sospirare allestimenti multimediali con elevati gradi di edutainment. Amo imparare giocando. Detesto guardare immense collezioni di opere con le cuffiette alle orecchie. Mi fanno venire mal di testa, dopo due o tre stanze le rimetto nella borsa. La mostra torinese allestita alle OGR per i 150 anni della storia d’Italia è stata visitatissima. Perché? Perché era educativa e divertente. Non sto dicendo che i musei italiani debbano diventare dei luna park. Ma consentire ai visitatori sempre più digitalizzati di trasformare la visita in un’esperienza educativa e indimenticabile a livello sensoriale. Il museo dovrebbe interagire con il territorio. Costruendo tour dedicati, visite speciali, legami con altri enti del territorio per trattenere e intrattenere i turisti il più a lungo – e meglio – possibile. A tutto questo manca sempre un pezzo. Fondamentale. Il museo deve comunicare con il pubblico. Ci sono molti modi per farlo. Il crowdfunding è certamente uno ed è quello più indicato per creare una relazione strettissima con il pubblico. Cioè con il crowd di riferimento. Si tratta quindi di uscire dal ruolo di conservazione ed esposizione e di consentire alle persone di entrare a fare parte. Di un progetto specifico, certo, ma che li legherà per sempre al museo.

Esperienza Italia alle OGR di Torino

Esperienza Italia alle OGR di Torino

Il direttore non sarà necessariamente un esperto di storia dell’arte (ci sono i curatori che se ne possono occupare). Il direttore del museo che vorrei è un manager, un professionista dotato di skill in ambiti diversi ma, soprattutto capace di creare utile oltre ai fondi pubblici e una rete fitta e ampia di relazioni e connessioni. Cosa ne pensate voi? Come vi piacerebbe fossero i musei che visitate? Belli? Gratis? Interessanti? Colti? Con o senza bar? Con o senza shop? Con la biglietteria al’ingresso o con un ingresso che faccia sentire a casa?

Emanuela Negro-Ferrero – ceo – enf@innamoratidellacultura.it