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Pillole d’arte

Strepitosa inaugurazione da Interno Cortile di Silvia Tardy.

L’installazione “made in Italy” di Luca Razzano, curata da Diego Bionda, mi ha colpito dritto al cuore. Lo spazio di Interno Cortile, bellissimo, raccolto in mezzo ai caseggiati , era stracolmo di persone. Ma, soprattutto, di duemila bambole realizzate con sacchi di juta. Le bambole, rappresentazione di noi esseri umani, crescono e crescono dappertutto, sul pavimento, sui muri, quasi a voler esplodere dalle vetrine di plexiglas appese lungo le pareti della galleria.

Made in Italy

 

In fondo, in alto, la scritta “made in Italy” in cinese. Perché in cinese? Perché i cinesi siamo noi. L’avidità dei produttori italiani, mai sazi di guadagnare, ha trasferito gran parte del Made in Italy in Cina. Costo del lavoro e di produzione inferiori, tutele e controlli quasi inesistenti hanno spinto gli imprenditori nostrani verso una delocalizzazione selvaggia.

Made in Italy

Il risultato è sotto agli occhi.  Bambole, uomini anzi, risorse umane calpestate, intrappolate. In tutti i casi, disumanizzate. Perché questo è quello che c’è oggi nell’ambiente di lavoro italiano. Il lavoro è andato in Cina e i cinesi siamo noi. Migliaia di persone, di giovani, vedono soffocate le loro speranze, i loro sogni, dall’avanzata inesorabile della crisi economica. Incarichi in chiamata, impieghi in affitto, una finta flessibilità più simile al caporalato che non alla libera circolazione delle risorse. Leggo sulla cartella stampa che Luca Razzano, attraverso il programma Human Resources, vuole riportare l’attenzione su concetti quali risorsa in termini di bene prezioso e umano, valore identitario e personale, che collide completamente con l’indifferenziazione progressiva del lavoro fino al punto zero attuale, l’asticella sotto cui non si può scendere.

Oggi, chi si avvicina al mondo del lavoro si piega a regole di mercato inimmaginabili fino a qualche decennio fa, frutto di un liberismo economico applicato, anzi, distorto, da governi guidati unicamente dalla logica del profitto. L’head hunter attuale è più simile al cacciatore di schiavi di coloniale memoria che al responsabile preposto al collocamento di profili altamente qualificati. Sono uscita pensierosa. Ho due figlie. Si affacciano su un mondo complicato, difficile.

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