Emanuela Negro Ferrero

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Fuoco, fuochissimo. A Torino inaugura la mostra di Albanese, artista illuminato e illuminante.

Giocare col fuoco

Particolare entrare nella galleria Ermanno Tedeschi quando è tutto spento. Le uniche luci sono quelle delle opere di Giovanni Albanese.

Forme appoggiate al muro, fiammeggianti di lampadine incandescenti. “Ho preso l’idea guardando le luci votive delle chiese” – mi dice sorridendo sornione. “Le faccio fare apposta per me. Diverse dimensioni, più grandi, più piccine. Tutte durano quasi dieci anni. Se guardi, ogni opera ha un piccolo interruttore. Perché così puoi accendere e spegnere come e quando ti viene voglia”.

Mi faccio attirare dal grande cuore posto sulla parete in fondo alla sala. Per metà è coperto di lampadine e per metà è un semplice filo di acciaio. Al fondo, forse a simboleggiare questo taglio netto fra la luce e l’ombra, una sega. Di quelle vere, con i denti. Lo trovo straordinario. Come la piccola astronave a forma di fungo pronta al decollo.

Amo l’arte contemporanea e adoro quando riesce a farmi stupire. Quando mi diverte e mi affascina. Penso che non sia una questione estetica. Piuttosto è una questione di emotività. Un’opera mi piace se muove dentro di me un’emozione. Albanese mi ha trasmesso la gioia e il calore della Puglia, la regione dov’è nato e lavora.

La galleria Tedeschi per me è un appuntamento fisso. So che posso trovare opere interessanti di artisti che magari non sono molto noti ma sono particolari e, soprattutto, per i miei criteri estetici, emozionanti.

Questa settimana a Torino apre Artissima. Non c’è giorno in cui non via sia una vernice, uno spettacolo, un evento. Ho iniziato con Albanese e ho intenzione di andare fino in fondo. Di vedere tutto. Assaporare tutto. Emozionarmi. Ancora stupita che il governo tagli la Cultura. In Italia poi… Robe da matti.

Tangram Teatro inaugura al Carignano con “L’amore rubato” di Dacia Maraini.

Femminicidio. Un argomento caldo. Anzi, caldissimo. A Torino, per poco più di un mese potremo assistere ad eventi, spettacoli e dibattiti interamente dedicati al tema della violenza sulle donne e inseriti nella rassegna Maldipalco. In tutto, 9 compagnie in scena, 51 tra artisti ed ospiti presenti, 16 luoghi occupati e ben 15 istituzioni coinvolte nel progetto. (Ministero per i Beni e Le Attività Culturali, Regione Piemonte, Città di Torino, Circoscrizione 3, Circolo dei Lettori, Fondazione del Teatro Stabile di Torino, Tangram Teatro, Mamre, Alma Teatro, Casa del Quartiere di San Salvario, Università degli Studi di Torino, Nucleo di prossimità dei Vigili Urbani di Torino, Amnesty International, Associazione Antigone, Slow Cinema).

Lo scorso 19 ottobre, al Teatro Carignano, si è svolto il primo appuntamento che ha inaugurato la stagione di Tangram Teatro. Si tratta de L’amore rubato, lo spettacolo che Ivana Ferri ha tratto dall’omonimo libro di Dacia Maraini  (presente in sala). L’amore rubato narra tre storie di donne “che combattono – dice Ivana Ferri – contro la violenza degli uomini che amano. Uomini che, sempre più spesso, non riescono a ricambiarle e che, di fronte al rifiuto le distruggono confondendo l’amore con il possesso.” Le voci di queste donne, di queste bambine, sono date da Laura Curino, Valter Malosti, Lucilla Giagnoni, Bruno Maria Ferraro e Angelica Buzzolan.

Il ricavato della serata  è stato devoluto in beneficenza all’Associazione MAMRE, impegnata in azioni di difesa delle donne.

Interessante l’intervista di Alessandra Comazzi all’autrice Dacia Maraini, perché il tema della violenza sulle donne è qualcosa che ci tocca tutti da vicino. La Maraini attinge le sue storie e i suoi personaggi dalla sua attività con Amnesty International. Certamente i personaggi crudi narrati ne “L’amore rubato” fanno pensare. Perché ognuna di queste bambine, di queste donne, ha dentro un pezzo di noi; soprattutto, rappresenta in maniera emblematica quella cultura maschilista di cui siamo intrise e, tutto sommato, complici. Perché se è vero che gli uomini violentano e uccidono, è anche vero che le donne, le famiglie, lo permettono. In una sorta di tacito accordo. La Maraini ben descrive la relazione guasta in cui la donna che cede, che dà e che cura, arriva alle estreme conseguenze perché, forse, non capisce bene che cosa le stia accadendo. Oppure, non ci vuole credere.

Si è parlato molto di cambiamento culturale. Di una profonda opera di trasformazione della nostra cultura secolare che continua a considerare  la donna come avente meno diritti e, quindi, meno opportunità.

Il Cloud in Italia vale 443 milioni di euro. Ma le PMI restano indietro

La settimana scorsa ho frequentato a Milano un corso di aggiornamento sul Cloud. Dati davvero interessanti seppure nella realtà del quotidiano, a parte le grandi aziende, sono pochi ad investire nel Cloud. Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Cloud & ICT Politecnico di Milano, il Cloud in Italia nel 2012 valeva circa 443 milioni di euro (il 2,5% della spesa totale IT nel Belpaese), con incrementi del 25% anno su anno. Un mercato ancora piccolo ma in costante crescita. 

Per esperienza diretta, credo che più del 60% delle grandi imprese adotti già tecnologie Cloud per quanto riguarda la posta elettronica, i sistemi di Unified Communication and Collaboration, la gestione delle risorse umane, lo scambio documentale, il CRM, la gestione acquisti, l’ERP e la Business Intelligence.

Il dato che mi ha incuriosito maggiormente, perché coincide con quello relativo agli investimenti in comunicazione, è quello che si riferisce alle imprese sotto i 250 addetti. Solo il 22% dichiara di avere avviato progetti Cloud, il 2% intende introdurli e il 76% non ne fa utilizzo né si dimostra interessata.

Credo che questo sia il lato più critico dell’intera vicenda. Il corso frequentato mi ha chiarito che utilizzare una tecnologia Cloud consente fortissimi risparmi. Penso alla mia attività o, più direttamente, a quella di molti clienti e colleghi. È stato riportato il dato, impressionante davvero, che l’adozione di tecnologia Cloud potrebbe portare ad un risparmio di 450 milioni di euro entro il 2015. Risparmio che potrebbe arrivare a 1 miliardo di euro se i livelli di adozione fossero analoghi ad altri Paesi leader e se facessimo nostre le best practice di mercato.

Qui ritorno al discorso dolente dell’Agenda Digitale. Un punto nevralgico per lo sviluppo dell’Italia che sembra non voler essere affrontato. Le uniche voci insistenti sono quelle relative ai tagli e agli aumenti delle tasse. Eppure, investimenti in questa direzione per la Pubblica Amministrazione rappresentano un sicuro riallineamento delle voci di spesa.

La mia unica domanda riguarda la sicurezza dei dati. Proprio ieri ho ricevuto una mail da Adobeche mi annunciava che il portale era stato hackerato e che la mia password era stata reimpostata in maniera automatica. Quindi le transazioni su carta di credito sono state hackerate e con loro i dati sensibili. Ammetto che la situazione mi ha fatto crescere alcuni dubbi. Sicuramente esiste una soluzione anche se, immagino, più costosa.

È nata! Innamorati della Cultura è online. Scopri come funziona e dimmi cosa ne pensi.

Ci stiamo lavorando da mesi, alacremente. Siamo alle ultime battute perché da oggi siamo online. Non mi sembra vero. In questi mesi di riunioni, discussioni appassionanti e appuntamenti serrati, abbiamo dato forma al progetto e sostanza al team. La squadra deve essere unita per vincere. Ci si deve allenare giorno dopo giorno. Soffrire e sudare insieme. Abbiamo sudato e “Innamorati della Cultura” è finalmente online.

Di che cosa di tratta? Di un sito, a cui abbiamo fornito una piattaforma di crowdfunding (dall’inglese crowd, folla e funding, finanziamento). In pratica, si tratta di un processo collaborativo di un gruppo di persone che utilizza il proprio denaro in comune per sostenere gli sforzi di persone ed organizzazioni. È un processo di finanziamento dal basso che mobilita persone e risorse. Niente di nuovo sotto il sole. Quello che è nuovo è il contenuto. “Innamorati della Cultura” si  occupa di progetti culturali, quelli che il nostro Governo ha deciso che non vanno più finanziati. Il che, nel paese che ha il più vasto patrimonio culturale al mondo, suona come una straordinaria fesseria.

I nostri cugini francesi, che nel settore culturale del fundraising dimostrano un maggiore acume, hanno già sperimentato questo sistema al Louvre con la campagna Tous Mecenes (tutti mecenati). Il progetto prevedeva di raccogliere 1 milione di euro attraverso le donazioni delle web community per acquistare il capolavoro rinascimentale Le tre grazie di Cranach da un collezionista privato. Anche da noi a Torino, Palazzo Madama ha raccolto il denaro mancante all’acquisto di un servizio di piatti.

In questa fase di lancio, oltre ad essere stati incubati dal Politecnico, stiamo raccogliendo le adesioni di chi vorrà partecipare presentando un progetto. Principalmente Enti e Associazioni.

Ironicamente, per sostenere il nostro progetto stiamo cercando fondi, principalmente aziende; in cambio un forte ritorno d’immagine. Investire in cultura è certamente cool ma, soprattutto, dà lavoro alle persone. Questo è uno dei criteri base che abbiamo stabilito debba essere definito per presentare i progetti e vederli pubblicati. Quante persone lavoreranno? Che tipo di ricaduta ci sarà sul territorio? Quale indice di felicità verrà generato?

Mi sono dimenticata di dire che per far partire il progetto la squadra ha formato un’Associazione: “CulturaPiemonte”. In onore della nostra bellissima regione.

Clicca qui per guardare il video di presentazione sul sito.

L’arte di re-inventarsi a Torino. Salone Gamma Donna

È arrivato alla sua quinta edizione e come molte altre iniziative di successo, il Salone Gamma Donna è nato a Torino. Il tema di quest’anno è forte: parla di crisi e di coraggio, quello di rimettersi in gioco, sul lavoro, nel modo di fare impresa, nella propria vita. Una sfida, questa, che le donne sanno cogliere grazie alla loro flessibilità e alla capacità di cambiare con il corso degli eventi della vita. Inventando, per esempio, nuovi modelli di business, percorrendo una nuova carriera, cambiando ruolo oppure facendo il lavoro di sempre.

Le donne sono il vero motore economico del paese, un motore silente che si accolla il peso più gravoso. Per questo rinuncia alla carriera, ci sono i figli, i genitori da accudire. Nel nuovo millennio questa è la sfida che il Salone narra e propone. Una sfida che, ancora una volta, ha avuto un grande riconoscimento: Giorgio Napolitano ha voluto destinare una medaglia presidenziale a questa quinta edizione del Salone, quale suo premio di rappresentanza che sottolinea gli alti contenuti e le finalita.

Il programma – che si svolgerà a partire da oggi e fino al 3 ottobre – è fortemente interattivo e la serata di apertura al Basic Village prevede un’attività evocativa: il cocktail destinato a sponsor e autorità è arricchito da un atelier creativo dedicato alla costruzione di un collage. Una metafora artistica dell’atteggiamento imprenditoriale del reinventarsi grazie a nuove connessioni. Un lavoro di gruppo che preparerà il terreno al Salone e porterà alla realizzazione di un’opera di “instant art”, parte integrante della scenografia dell’evento

In tema di Personal Branding, sembra arrivato il momento di guardare a questa tecnica come allo strumento giusto nel momento giusto. Non esiste nulla di meglio di una consulenza di Personal Branding per aiutare una persona determinata a cambiare, a riposizionarsi, a focalizzare i suoi obiettivi, la sua mission aziendale. Ricordiamo che il successo arriva facendo ciò che è giusto per noi ed esprimendo la nostra vera essenza. Il falso non premia. La luce che una donna può portare al mondo arriva quanto rispetta se stessa, i suoi talenti e i suoi desideri più profondi. 

Be true to be your brand. È un’affermazione che mi piace davvero moltissimo. 

Qui, il programma nel dettaglio del 5° Salone Nazionale dell’Imprenditoria Femminile e Giovanile.

Ogni cosa di te comunica. Attenzione a come lo fai

Qual è la prima cosa che ti viene in mente quando nomino Silvio Berlusconi? Oppure Michelle Hunziker, o ancora, Briatore? Sicuramente è qualcosa che li riguarda personalmente e non è riferito alla professione che svolgono. Quello che ricordi è quel qualcosa legato al loro Personal Brand.

Il modo in cui appariamo agli occhi degli altri è importante. Nel mio caso ho scelto uno stile sobrio ed elegante. Amo i tacchi e  mai e poi mai mi farei vedere da un cliente in jeans e maglietta. Alcuni miei colleghi lo fanno. Io ho scelto deliberatamente un look professionale, perché nel tempo questa è l’immagine che voglio dare di me.

Questo tipo di immagine è la stessa del mio sito web e della comunicazione istituzionale. I love chic. I want to be chic.  E tu? Hai mai dato uno sguardo a come  – e a cosa – comunichi agli altri. Per esempio, con il tuo sito web? Qui di seguito ti elenco 8 punti che per me sono basilari.

1. La firma della tua e-mail

Quando mandi le e-mail, assicurati che chi le riceve abbia la possibilità di vedere tutti i tuoi riferimenti: nome e cognome, numero di cellulare, sito web ed e-mail, numero fisso e fax. Comodo inserire i contatti Skype e, a mio avviso fondamentale, il link al proprio profilo Linkedin. Personalmente amo chi mi invia mail con un’immagine e trovo più facile entrare in contatto con chi vedo, piuttosto che con un anonimo sconosciuto.

2. Messaggio vocale

È vero, è impegnativo. Ma da quanto tempo non cambi la segreteria del tuo cellulare? Pensa un po’ alla differenza. Invece del solito messaggio “in questo momento non posso rispondere…” potrebbe esserci questo: “sono alla conferenza del Premio StellaRe. Lasciatemi un messaggio e vi richiamerò subito dopo la consegna”. Cambia tutto.

3. Contenuto delle e-mail

Leggere e rileggere. Aggiungere l’indirizzo soltanto quando la revision del testo è terminata, in modo da evitare una figura da ignorante, da distratto, da frettoloso. O ancora peggio, da superficiale.

4. Profilo Linkedin

Curare il profilo è essenziale. La foto deve essere significativa e aggiornata. La headline incisiva. Il sommario di ciò che fai e del perché puoi essere utile deve essere redatto con cura. Il link, inserito al fondo della mail, nella firma, dà forza al Personal Brand.

5. E-mail Address

Parliamo di indirizzo mail. Creare e poi usare un indirizzo business collegato al dominio del sito web. È professionale, unico, elegante. Dà un’idea di dimensione del business decisamente più ampia rispetto, ad esempio, a giorgio.rossi@gmail.com.

6. Business Card

Vero, esistono le tipografie. I biglietti da visita si comprano un po’ ovunque. La differenza tra questa tipologia, diciamo generica, e quella che scelgo per i miei clienti sta nella personalizzazione. Per definire il proprio Personal Brand e comunicarlo al mondo è necessario lavorare per  creare un’immagine coordinata. Dare il proprio biglietto da visita è fondamentale. Deve essere in linea con ciò che siamo e con ciò che facciamo. Ben scritto, chiaro, completo di nome, cognome, riferimenti, link ai social media. Si possono usare entrambi  i lati. L’importante è che sia professionale.

7. Attirare

Dettagli che fanno la differenza. Mia nonna diceva che era meglio essere vestiti un po’ meglio che un po’ peggio. Le scarpe fanno la differenza, le persone se ne accorgono. Scarpe di buona marca, pulite. Ecco un buon punto da cui partire.

8. Che auto guidi?

Tutto parla di te, anche la tua auto. Deve essere pulita e guidata da una persona educata, calma, che non bestemmia e che non scende a fare a cazzotti perché gli hanno tagliato la strada.

Qui sto sconfinando un pochino. Lo faccio volutamente perché il Personal Brand è definito anche dal tuo comportamento. Dipende dalla tua capacità di relazionarti con gli altri, che siano essi colleghi o clienti. E dipende anche da cosa scrivi sulla bacheca di Facebook. Perché se hai deciso che vuoi essere visto, allora devi anche stabilire che cosa vuoi mostrare di te e, con perseveranza e coerenza, costruire e poi mantenere  la direzione che hai deciso di imboccare.

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– La Mission. Passo fondamentale per definire il proprio brand

– Definisci i tuoi sogni ed entra in azione. Personal Branding pratico per donne in carriera

– La prima impressione è quella che conta. Allora, facciamola contare.

 È arrivato il momento di rinnovare te stessa o il tuo brand?

Castello di Rivara

Equinozio al Castello di Rivara

Il Castello di Rivarasede storica del Cenacolo di pittori della Scuola di Rivara, situato a 30 chilometri da Torino nelle valli del Canavese, è un complesso composto da tre edifici indipendenti: il Castello Medievale, la Villa Neobarocca e le Scuderie, immersi in un parco di oltre 45.000 mq. È un luogo magico e l’idea di festeggiare l’equinozio d’autunno ritorna dopo sei anni con grande spolvero.

L’inaugurazione ufficiale dell’Assessore Coppola ha svelato ancora una volta il genio del padrone di casa, Franz Paludetto. Per celebrare il passaggio alla nuova stagione, il famoso gallerista ha riunito una nuova generazione di artisti, dando vita non a una mostra bensì a un grande evento fuori dal  normale. “Equinozio d’autunno” è il titolo e 19 sono gli artisti, italiani e internazionali, che “dialogano” con le opere della collezione permanente.

Nel corpo centrale del Castello, restaurato (credo) verso la fine del 1800, ho visitato ben quattro personali: Elvio Chiricozzi “Senza peso”, Oreste Casalini “Balanced”, Mustafa Sabbagh “Tutto si muove”, Davide Dormino “Magnetism”. E ancora, collocati in mezzo alla collezione permanente, i lavori di Omar Ronda “Gli ospiti di sangue blu in visita al Castello di Rivara”.

Nel Castello Vecchio, la modernissima esposizione di tre artisti super giovani. Luca Cruz Salvati “Principi senza princìpi”, Sveva Angeletti e Leonardo Aquilino “Centro di Documentazione Fotografica”, a cui fanno da simbolici “tutor” le altre importanti opere della collezione permanente e i progetti degli artisti Enzo Gagliardino, Adriano Campisi “Il giglio si manifesta alla parete bianca”, Alessio Delfino “Tarots”, e Daniela Perego “Quel che rimane”. Un trionfo di creatività fresca e originale.

All’esterno, le opere permanenti che popolano il parco, ospitano in mezzo a loro come anziani tutor, le opere temporanee di  Alessandro Giorgi “4 materassi bianchi 1 nero”, Annamaria Gelmi “The flower for Castello”, Maurizio Taioli “Via Crucis” e Nicus Lucà “Il ladro di colore”.

Il meglio, per me che amo l’arte ma ammetto di non capirne un granché, è arrivato scendendo nella cantine del Castello. Lì sotto, il lavoro “Dejavu” di Katia Pugach si snoda lungo l’esposizione che narra la storia del vino Erbaluce, con la ceramista Maria Teresa Rosa in “Cantico”, realizzata grazie ai  produttori canavesani Ferrando, Orsolani, Santa Clelia.

La mia domenica al castello è stata davvero magica e vi consiglio vivamente di fare altrettanto. Perché il Piemonte continua a riservare sorprese e delizie. Ormai non vi è più stagione in cui i sensi non possano trovare appagamento.

*Ringrazio per le foto la mia cara amica, Patrizia Casagrande.

Tanya Kagan – Josefowitz: una lunga storia d’amore

In the quiet of the night, melodies and rythms invade my being.

Torino e l’Arte Contemporanea. Un amore sbocciato molti anni fa, che fiorisce alle porte dell’autunno in una miriadi di eventi, vernissage, installazioni, new opening e culmina con Artissima ai primi di novembre.

Interessanti gli artisti proposti da Ermanno Tedeschi. Scelti perché incontrano il gusto del titolare e non perché di tendenza. Mercoledì ha inaugurato la personale Tanya Kagan Josefowitz. Piccoli disegni ispirati alla musica e ai colori perché “la plastica è adatta al modulo e il colore all’anima”. I soggetti, ispirati alla Musica e alla Natura, rappresentano lo sviluppo del suo talento artistico, cresciuto seguendo nei suoi viaggi il marito, David Josefowitz, famoso direttore d’orchestra.

I tratti sono semplici e poche linee bastano per comunicare una grande emozione. La massima aspirazione dell’artista è quella di comunicare l’Amore verso gli altri esseri umani in tutte le sue forme. Ho scambiato qualche parola con Lei, che accompagnava il marito seduto in carrozzina. Un uomo anziano bellissimo, circondato da moglie e figlia. Tanya mi ha detto: “Ho 84 anni. Lui ne ha 94. La nostra è una lunga storia d’amore. Io dipingo e lui dirige me e le mie mostre. Il nostro amore è racchiuso nei miei dipinti”. L’ho trovato bellissimo, commovente.

La galleria Tedeschi, gremita come sempre, ha rivelato una sorpresa: una nuova sala al piano sotterraneo. Sono rimasta incantata, perché i quadri di Tobia Ravà sono esposti in tutta la loro lucentezza.

Questo è solo l’inizio. Settembre ha inaugurato con l’Amore. Chissà cosa avremo quando arriveremo a novembre. Ci aspettano Artissima, l’opening di tutte le Gallerie per la “notte bianca dell’Arte Contemporanea”, la Borsa dell’Arte e visitatori da tutto il mondo. A riprova che la Cultura muove. Le masse, il denaro, i cuori.

If music be the food of Love, play on (W. Shakespeare)

Donna? Vuoi fare carriera? Basta farti definire dagli altri. Definisci tu il tuo brand

(Ispirato a Robin Fisher-Roffer)

Il mercato, si sa, è sempre più competitivo. Ecco perché è fondamentale definire il proprio brand. Purtroppo, il termine Personal Branding in Italia non è molto conosciuto. Anzi, spesso viene confuso con un’attività di presenza sui social indirizzata alla ricerca di una nuova professione. Sicuramente è anche questo, ma il lavoro di ricerca e creazione del proprio Personal Brand è quel quid che permette di uscire dalla mischia di pesciolini grigi che nuotano nel grande mare del web e diventare uniche.

Che cosa importa, infatti, se sei la migliore del tuo settore e magari la più preparata dell’azienda, se poi il tuo nome non salta fuori subito quando è richiesta una competenza come la tua per un progetto importante? Ecco allora a cosa serve definire il proprio Personal Brand:

●  per darti un valore professionale e personale;

●  creare nuove opportunità e richieste professionali;

 ●  attrarre i progetti che desideri;

●  distinguerti dai tuoi competitor in azienda o nel tuo settore specifico;

●  chiedere più denaro mentre svolgi ciò che ami fare.

Puoi farlo da sola? No. Serve un aiuto esterno. 

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 È arrivato il momento di rinnovare te stessa o il tuo brand?

 

È arrivato il momento di rinnovare te stessa o il tuo brand?

In questi giorni, leggendo alcuni testi di Personal Branding, ho trovato interessanti alcuni passaggi di “Make a Name for Yourself” di Robin Fisher Roffer, forse la più esperta Personal Branding Manager che mi sia capitato di incontrare fino ad ora. A parte me, s’intende. 😉

L’assunto di base è che la tecnologia stia andando talmente veloce da darci l’impressione di essere sempre un passo indietro quando ci dobbiamo presentare. Quindi, come si fa a sapere quando è arrivato il momento di reinventare noi stesse, il nostro brand, la nostra mission? Per noi donne esistono diversi livelli in cui ci può capitare di doverci re-inventare. Il rientro al lavoro dopo aver cresciuto i figli, lasciare il posto fisso e diventare libere professioniste, oppure entrare in un settore completamente diverso rispetto a quello in cui abbiamo sempre lavorato, magari con la stessa mansione ma costrette ad aggiornarci e a cambiare.

Robin Fisher Roffer ha fondato la sua società Big Fish Marketing nel 1992 e ha lavorato con grandissimi brand come A&E, Bloomberg, Disney Channel, Food Network, Sony, Mattel and UBS e oggi aiuta i professionisti a creare il proprio personal brand. I suoi consigli sono un valido supporto per reinventare se stesse, per formulare la propria mission e il claim che meglio rappresenta la persona e il suo brand in modo autentico e trasparente.

Robin Fisher Roffer dice: “Ci stiamo muovendo così velocemente con le tecnologie e i social media che in un attimo puoi creare il tuo business o perderlo. È necessario evolversi in continuazione. È come togliere continuamente gli strati esterni per arrivare al cuore. Questo può accadere se si supera la paura. Solo così è possibile raggiungere la propria audience. Oltretutto, la competizione è talmente forte, il web è pieno di blog, di piattaforme, di e-commerce e di brand che sembra impossibile avere successo.” Quindi, come fare?

Alcuni trucchi per farsi notare

    • Dai al tuo pubblico qualcosa che lo sorprenda e lo diverta, pur mantenendo sempre fissa la tua misson.
    • Crea un claim, cioè una frase che definisca esattamente la tua mission e i tuoi valori. Chiunque lavori con te deve imparare questa frase a memoria e raccontare al mondo intero in che cosa consiste il tuo business.
    • Crea una strategia in grado di attirare l’attenzione su di te. Una storia, la tua storia. Quella che dipendenti e partner possono raccontare.
    • Espandi il tuo raggio d’azione servendo anziché vendendo o facendo marketing. Come? Comprendendo le esigenze del tuo pubblico e offrendo soluzioni.

 

Le 4 domande fondamentali da porti se hai necessità di reinventare te stessa

    • 1. Qual è la tua mission? Perché sei qui? Scopri il tuo vero scopo.
    • 2. Dove vuoi arrivare con il tuo business? Crea una frase che definisca la tua vision. Pensa in grande, non aver paura!
    • 3. Quali sono i benefici fondamentali del lavorare insieme a te? Che cos’è che ti differenzia dai tuoi concorrenti?
    • 4. Quanto vali? Cosa ti appassiona? Questo definirà il tuo modo di operare nel lavoro.

 

“The process of branding is very transformational. You are giving yourself permission to have your own unique style & voice. It will inspire you to embrace who you really are without apology & without selling out.”

Robin sottolinea che le persone spesso sono confuse fra ciò che vogliono e ciò di cui hanno bisogno. È importante lavorare sulla base di ciò che è necessario per noi. Quindi bisogna pensare a ciò che ci rende felici e scriverlo. Così si acquista chiarezza.

Nel suo caso specifico, Robin ha avuto bisogno per un certo periodo di organizzare la sua agenda sulla base degli impegni della figlia. Perciò prendeva solo clienti in grado di comprendere questa esigenza e non crearle stress. Perché è vero che come donna è sempre difficile farsi valere e, soprattutto, far valere le proprie necessità. Risulta quindi fondamentale scrivere una lista di ciò che si vuole e di ciò di cui si ha bisogno.

Esempio:
VOGLIO
Clienti remunerativi, inviti a eventi e biglietti per spettacoli, avere una società sofisticata, cose magnifiche. Più diamo spazio a ciò che vogliamo e più vogliamo…

HO BISOGNO
Di attrarre clienti e partner che comprendano il mio ruolo di madre; di circondarmi di persone e progetti che mi consentano di crescere professionalmente e come persona; di avere la mia vita personale con spazi di divertimento, relax e viaggi. Perché se le mie motivazioni sono basate sulle mie esigenze, attrarrò situazioni in grado di soddisfare i miei bisogni. E più le mie necessità sono soddisfatte, più sono soddisfatta io.