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Introduzione al crowdfunding culturale.

Il crowdfunding, letteralmente “finanziamento dalla folla” è uno strumento di finanza alternativa, grazie al quale individui, organizzazioni, associazione e imprese possono rivolgersi alle persone (la folla)  per chiedere ed ottenere capitali tramite piattaforme online a supporto delle loro idee progettuali che, in campo artistico e culturale possono spaziare da un restauro alla produzione di un video, di una mostra, all’editare un libro o un catalogo e così via..

In pratica, la persona che ha bisogno di avere dei capitali e non intende o non può ottenere fondi da un istituto finanziario o da un ente, presenta la sua idea ad una piattaforma (selezionata in base alla tipologia di progetto) e, dopo aver creato gratuitamente la pagina della campagna, completa di testi esplicativi, immagini, video e ricompense, la pubblica e può quindi diffonderla sul web per intercettare il gradimento delle persone.

Il crowdfunding fa leva sulle logiche della comunicazione digitale e sulle opportunità di condivisione offerte dal web  e dalle piattaforme di economia collaborativa.

In ambito culturale e artistico, il modello di crowdfunding più diffuso è quello “donation” o “reward” che utilizza la “ricompensa” come strumento emozionale di coinvolgimento delle persone.

Chi sono queste persone?

In ambito culturale  ma anche in quello civico, la “folla” a cui si rivolge il progettista è composta dai cittadini e dalle persone che usufruiscono del bene o del progetto artistico. Si tratta quasi sempre di comunità locali interessate a partecipare attivamente ad iniziative che hanno finalità e impatti sociali ed ambientali e che possono generare valore per il territorio.

Come posso individuare i donatori per il mio progetto?

Il lavoro principale che un progettista è tenuto a  svolgere prima di mettere la campagna online, è quello di individuare i propri  donatori, meglio definiti come “donor personas”.

Il successo della campagna dipende proprio dalla capacità del progettista di individuare il proprio “crowd”, segmentando la propria audience e costruendo target di donatori.

Le donor personas sono le persone “tipo” a cui si rivolge il progetto . Saranno gli amanti del teatro, se si tratta di uno spettacolo teatrale. Gli innamorati del restauro, se si tratta del restauro di un bene. Gli appassionati della musica, se il progetto riguarda un concerto o un video musicale o la registrazione di un disco. Se la campagna è territoriale, la comunità di riferimento va intercettata fisicamente con delle semplici attività di coinvolgimento attivo come, per esempio gli eventi, le conferenze online, i podcast.

Se la community è più allargata, le analisi demografiche riferite al  sesso, età, professione, abitudini di spesa, reddito, istruzione, valori, sono facilmente rilevabili dal web e dai canali social.

Il suggerimento che posso dare, sulla base dell’esperienza di decine di campagne, non è tanto quello di impazzire con gli algoritmi quanto quello di allacciare delle relazioni di valore con i propri contatti. Il crowdfunding,possiede una carica  emotiva molto forte e senza dubbio il carisma del progettista è il fattore che determina il successo di una campagna. Così come la costanza e la determinazione nel portare avanti la campagna di raccolta. Le strategie e i tatticismi servono ma, in ambito culturale, un progetto se non trasmette passione è quasi certo che non verrà finanziato.

Errori da evitare

Il primo errore da evitare è pensare di lanciare semplicemente una campagna di crowdfunding su una piattaforma e attendere che le persone ci raggiungano e ci finanzino. Il secondo errore è pensare che più è grande e famosa la piattaforma e più la campagna verrà visualizzata.

Le piattaforme offrono tutte più o meno lo stesso servizio. Quello che conta è la comunità dei follower della piattaforma.

Una piattaforma generalista avrà un pubblico di riferimento generalista. Una piattaforma verticale avrà un pubblico interessato solo all’argomento specifico delle campagne pubblicate. Questo garantisce che arrivino delle donazioni? No, nel crowdfunding non c’è nulla di garantito.

La pubblicazione della propria idea progettuale su una piattaforma allineata con il proprio settore, offre concretamente la possibilità di mostrare la propria idea progettuale ad un pubblico già allineato e che quindi, potenzialmente, potrà partecipare. Anche solo condividendo la campagna sui propri canali o commentando i post e le notizie.

Un errore che vedo fare ripetutamente dai progettisti è quello di “innamorarsi della propria idea”. L’idea progettuale va tarata sui bisogni della community, non il contrario. Mi spiego. La ricetta dei biscotti Barilla viene studiata in base ai gusti del consumatori, non viceversa.  La campagna di crowdfunding dovrà essere comunicata in modo da riuscire comprensibile e gradita alla propria comunità di riferimento.

Suggerimenti pratici

Per chi approccia per la prima volta al crowdfunding, un suggerimento molto semplice  è quello di partecipare ad altre campagne osservando il processo dal punto di vista del sostenitore. Questo permette di capire cosa fa il progettista. Come funziona il processo della donazione e della ricompensa. Come viene comunicata la campagna sui canali social. Se ricevo delle email o vengo invitato a partecipare a degli eventi..

Domande importanti

Prima di mettere l’idea progettuale online, è importante chiedersi:

1)                  Perché le persone dovrebbero contribuire?

2)                  Quale valore aggiunto sono in grado di offrire?

3)                  Quanto ampia è la community?

4)                  Quale potrebbe essere la donazione media?

5)                   Quanto mi costano le ricompense e quanto costa spedirle?

5)                  Quali esperienze di co-creazione o collaborazione posso offrire alla mia community?


Stai pensando di lanciare una campagna di crowdfunding?

Scrivi a  progetti@innamoratidellacultura.it

Oppure carica direttamente la tua idea su www.innamoratidellacultura.it

Emanuela Negro Ferrero www.innamoratidellacultura.it

Il portone della Basilica di Santo Stefano a Bologna

Crowdfunding Culturale: il restauro del portone della Basilica di Santo Stefano a Bologna.

In italiano esiste l’espressione “fare il giro delle Sette Chiese”. A che cosa si riferisce? L’hai mai usata?

Il Giro delle Sette Chiese è un itinerario pellegrinale praticato a Roma fin dal Medioevo e nella sua forma originaria consiste in un percorso a forma di anello lungo all’incirca 20 km e  che tocca le principali chiese di Roma. Le  prime quattro sono le Basiliche Papali Maggiori:

Originariamente si impiegava una giornata intera per completare il giro, dai primi Vespri a quelli del giorno successivo.. Successivamente  la visita veniva svolta in due giornate dedicando la prima alla sola Basilica di San Pietro e la seconda alle altre sei con partenza dalla Basilica di San Paolo fuori le mura verso nord e in senso antiorario per terminare alla Basilica di Santa Maria Maggiore.

Non tutti sanno che anche a Bologna è possibile fare questo pellegrinaggio visitando il complesso delle “Sette Chiese”, ribattezzato dai bolognesi “Santo Stefano” Si tratta di un complesso architettonico che racchiude diversi stili , tutti diversi fra di loro perché realizzati in momenti religiosi diversi: romanico gotico, pagano. Il fatto che attira certamente l’attenzione è che “Santo Stefano” è stato concepito seguendo un progetto ambizioso. L’intenzione era di ricreare a Bologna i luoghi sacri di Gerusalemme e consentire ai fedeli di realizzare il pellegrinaggio nei luoghi santi (reso quasi impossibile a causa delle guerre continue e dalla pericolosità dei viaggi in mare).  All’epoca era molto sentito   il desiderio di visitare  i luoghi dove era nato e si era sacrificato Gesù. “La Gerusalemme Bolognese” è l’esatta copia della Chiesa del Santo Sepolcro in Terra Santa.

Via Gerusalemme a Bologna è la strada che Gesù fece in sella a un asino per recarsi a Gerusalemme; nello spazio tra Santo Stefano e San Giovanni in Monte venne scavato  un ampio fossato per  rappresentare la Valle di Giosafat  e  San Giovanni in Monte, venne costruito leggermente rialzato rispetto al centro a simboleggiare il Monte Calvario.

L’intera  struttura religiosa iniziò a essere costruita nel V secolo d.C. da San Petronio, santo patrono di Bologna, sopra all’originario tempio pagano dedicato alla Dea egizia Iside, edificato da una ricca cittadina bolognese  in prossimità della trafficata Via Emilia con lo scopo di  aiutare viandanti e soldati a recarvisi e favorirne il culto.

Nella realtà  a Bologna non ci sono esattamente 7 chiese come a Roma bensì  7 distinte zone, rimanendo soltanto 4 delle 7 chiese originali. Il classico percorso di visita comprende:

  • la  chiesa del Crocifisso
  • la chiesa del  Santo Sepolcro
  • il Cortile di Pilato
  • la Chiesa della Trinità, di San Vitale e Agricola
  • il chiostro e la Cappella della Benda.

Tutte le chiese elencate  contengono ognuna dei segreti da scoprire. La chiesa del Santo Sepolcro dall’esterno appare di forma ottagonale  mentre all’interno è a pianta centrale  con una grande cupola dodecagonale. Al centro si trova  l’edicola dove fino al 2000 riposavano le ossa di San Petronio e troviamo un pezzo originale della roccia del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Le 12 colonne sarebbero posizionate nella posizione originaria “a  guardia” al ninfeo del Tempio di Iside. e la  tredicesima colonna di marmo nero, proveniente dall’Africa, non allineata con le altre, che rappresenta la colonna dove venne flagellato Gesù Cristo e su cui si vedono ancora le fessure dove i flagellanti potevano aggrapparsi  con le mani. Il pozzo, chiuso da una grata, contiene l’acqua di una sorgente a ricordare  l’acqua del Giordano, il fiume dove Cristo venne battezzato dal Battista.

Dentro a  San Vitale e Agricola, nel ‘400 venne rinvenuto un sepolcro con l’enigmatica scritta SYMON. I fedeli, credendo che qui riposassero i resti di Simon Pietro lo trasformarono in luogo di culto che fece affluire verso Bologna  una grande moltitudine di pellegrini, tanto da farla diventare una meta più appetibile addirittura di Roma, la capitale della Cristianità. Papa Eugenio IV, infastidito dalla popolarità di Bologna e vedendo minacciato il suo potere ordinò che la chiesa venisse scoperchiata e riempita di terra e, solamente  dopo oltre sessant’anni,la chiesa venne riaperta alle funzioni.

La Chiesa del Crocifisso, la prima entrando dalla piazza, rappresentava la Casa di Ponzio Pilato con un sedile di pietra dove il magistrato avrebbe interrogato Gesù. Nella cripta ci sono diverse colonne di larghezza e altezza diverse fra di loro ma una di queste, la seconda a destra fatta di due parti in pietra di marmo bianco, rappresenta l’altezza del Figlio di Dio, cioè 170 cm.

Nel Cortile di Pilato giganteggia il cosiddetto “Catino di Pilato” o il “Santo Graal Bolognese” a forma di calice, un dono del Re dei Longobardi e rappresenta il recipiente dove Pilato si lavò le mani della condanna di Cristo. Nella Cappella della Benda è conservata  la striscia di tela che le mediorientali portavano sulla fronte in segno di lutto che, dice la tradizione, venne usata da Maria  durante l’agonia di Gesù per asciugare il sudore dalla fronte.  

Una campagna di crowdfunding per restaurare il portone della basilica di Santo Stefano

Dal 15 luglio fino al 15 di ottobre è stata messa online sul portale www.innamoratidellacultura.it la campagna di crowdfunding proposta dall’Associazione Assosantostefano per il restauro della Porta lignea della Basilica di Santo Stefano a Bologna. Assosantostefano ha scelto di rivolgere la sua attenzione alla Porta lignea della Basilica perché tra le sue Sette Chiese vi è la riproduzione del Santo Sepolcro.

Il Restauro

Il portone in legno di Santo Stefano oggi necessita di una ripulitura per ritornare all’antico splendore ma anche la recinzione lunga 73 mt che avvolge il lato ovest del complesso di S. Stefano è praticamente inabissata e ricoperta dalla  ruggine e risulta usurata nelle parti più nascoste verso via Santa. Riportarla alla sua dignitosa funzione protettiva e recuperarla nelle parti più danneggiate dal tempo e da usi impropri fa parte del progetto di recupero.

La parte inferiore della Porta, esposta alle intemperie ed agli agenti chimici rilasciati dalle idro-pulitrici per la pulitura del sagrato antistante, presenta erosioni importanti.  Il ritocco verrà effettuato considerando anche l’assoluta necessità di un trattamento contro gli insetti xilofagi dovuti dalla vetusta esposizione alle intemperie senza un’adeguata protezione. Al termine dell’intervento di pulitura, in una seconda fase, verrà applicata sulla superficie uno speciale prodotto contro i graffiti e le scritte, in modo tale da conservare più a lungo il ripristino.

Il restauro sarà eseguito da un Restauratore esperto nonché Professore docente dell’Accademia delle Belle Arti di Bologna.

La ripulitura della cancellata/recinzione del lato ovest della Basilica di Santo Stefano sarà effettuata da una Ditta che si compone di pochi e fidati artigiani esperti del settore del legno, del ferro, del trattamento di travi d’epoca, di sistemazione crepe degli affreschi con particolari materiali elastici e riparatori su cui lavorano i restauratori.

Chi è Assosantostefano?
L’Associazione Piazza Santo Stefano e dintorni’ e nasce, nel 2012 a seguito della collaborazione di residenti e non della omonima piazza con lo scopo di tutelare il decoro e la vivibilità del centro storico di Bologna, con sguardo particolare rivolto alle iniziative che promuovono la cultura, l’arte e la tutela del patrimonio artistico di Bologna.
L’Associazione collaborando con il Quartiere Santo Stefano, il Comune, e Istituzioni come il “Conservatorio G. B. Martini”, la Basilica di Santo Stefano, ha organizzato programmaticamente nei mesi estivi di giugno e luglio eventi, concerti, danze classiche e moderne e  cori di notevole pregio artistico.
In questi ultimi anni, viste le condizioni di progressiva mutevolezza dello status sociale e generazionale, gli associati hanno  intrapreso un nuovo percorso allargando gli ambiti di azione dell’associazione. Gli obiettivi condivisi con gli Enti Istituzionale per il benessere della collettività hanno dato modo di avviare una stretta cooperazione con organi comunali di governo come le Consulte e le commissioni di quartiere legate all’ambito dell’Inclusione Sociale, della Cultura, dell’Ambiente. Di queste ultime Commissioni alcuni componenti del Consiglio Direttivo ne facevano già parte.

Come avverrà il restauro?

Il restauro del Portone verrà realizzato attraverso il meticoloso lavoro di un esperto restauratore dott. Federico Capitani – professore dell’Accademia delle Belle Arti di Bologna che procederà attraverso la pulitura ed il ripristino dell’antico portale.
Saranno coinvolti anche alcuni studenti dell’Accademia delle Belle Arti di Bologna guidati e coordinati dal maestro Capitani.

La pulitura ed il ripristino della recinzione sarànno eseguiti dalla Ditta Monticelli Luigi la quale provvederà alla sverniciatura, saldatura e tinteggiatura del materiale antico. Il lavoro risulterà magnifico e porterà una grandissima miglioria alla nostra amata basilica!

Contatta Assosantostefano

assosantostefanobologna@gmail.com

redazione www.innamoratidellacultura.it

Il restauro in Italia? Eccellenza al femminile.

La settimana scorsa ho visitato  il Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” in compagnia del Presidente dell’Associazioni Amici del Centro e di una esperta professionista in archivi. Sebbene il centro sia stato aperto nel  2005 e le mie visite alla Reggia di Venaria siano molto frequenti, non avevo mai avuto occasione di vederlo.

La sede è ospitata in un’ala laterale della Reggia e, leggo dal sito centro di conservazione e restauro della Venaria Reale  che si tratta , di una scuola di alta formazione dedicata alla costruzione di professionalità nei diversi ambiti del restauro.

Restauratori all'opera a Venaria Reale

Restauratori all’opera a Venaria Reale

Mi aspettavo di vedere una sorta di bottega d’artista con opere meravigliose sparse qua e là. Le opere ci sono ma, confesso che non me lo aspettavo, gli ampi laboratori  sono occupati per lo più da macchinari.  Ce ne sono diversi, alcuni di dimensioni molto grandi.Le persone lavorano indossando camici bianchi e scarpe antinfortunistica. Ho notato, mentre giravo scattando foto e osservando le opere,  che si tratta per lo più di donne.

Il restauro quindi è un mestiere femminile? Sembrerebbe di sì. Da un articolo del 2015 pubblicato sull’inserto IoDonna http://www.iodonna.it/attualita/in-primo-piano/2015/10/06/ risulta che in Italia il restauro sia una professione per donne con dati che riportano una presenza di 9 a 1.

Il restauro è donna?

Il restauro è donna?

Le donne negli anni risultano essere vincitrici dei bandi di accesso all’ISCR (Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro di Roma), alla  scuola dell’Opificio delle Pietre dure di Firenze   e al la  Fondazione Centro Conservazione e Restauro ‘La Venaria Reale’. Queste persone, una volta terminato l’iter formativo possono esercitare con il riconoscimento del Mibact e del Ministero del Turismo. Si tratta di pochi diplomati ogni anno  perché le scuole che offrono un diploma riconosciuto sono di numero limitato, costose e offrono pochissimi posti. In Italia, esiste una costellazione di persone che arrivano ad esercitare la professione passando da iter formativi diversi: per esempio,  c’è chi lavora a bottega , chi frequenta scuole dedicate al restauro che però non rilasciano  la qualifica di ‘restauratore’ richiesta dal Ministero e che è necessaria se si vuole lavorare con la Sovrintendenza» o chi si mette in proprio dopo il diploma dell’Accademia di Belle Arti.

La questione è oggetto di accesa discussione con il Ministero ed è ancora aperta. Un vero peccato se si pensa alla mole di opere, manufatti ed edifici che potrebbero dare lavoro e occupazione.

Mentre  osservavo una delle  due restauratrici del Centro del Restauro intenta a tagliare con attenzione  e precisione chirurgica una pezzo di stoffa e poi appoggiarlo con delicatezza sul retro di un dipinti tardo secentesco, mi sono resa conto che si tratta di un mestiere di grandissima  responsabilità. Mettere le mani su un’opera o su di un manufatto, richiede grande perizia e attenzione oltre che, immagino, la capacità di rimanere neutri rispettando l’originalità conferita dall’autore.

Il restauro è un mestiere delicato e implica grande peri

Il restauro è un mestiere delicato e implica grande peri


Il tempo che avevo a disposizione  purtroppo era poco e non ho potuto approfondire più di tanto.  Certamente abbiamo approfondito l’aspetto cruciale che poi, in sintesi,  è la solita mancanza di fondi. Il restauro, di qualsiasi genere si tratti,  implica che ci sia un committente. Alcuni interventi sono estremamente costosi e richiedono non solo l’intervento del professionista ma l’utilizzo di materiali particolari.

Ritengo che il crowdfunding sia una buona soluzione a patto però che chi possiede il bene sia in grado di condurre la campagna di comunicazione necessaria a promuovere la raccolta fondi e intercettare sponsor e mecenati. Questo è un punto che in Italia non è ancora compreso. L’affermazione  “tanto il crowdfunding non funziona” andrebbe corretta in “il progettista  non è in grado di affrontare una campagna di crowdfunding”. Non è vero. Come per tutte le attività, il crowdfunding ha delle regole. Chi non le conosce o non le rispetta è destinato a fallire.

 

Emanuela Negro-Ferrero – Ceo    www.innamoratidellacultura.it

Italia, terra di poeti, navigatori, artisti e castelli.

Quanti castelli ci sono in Italia? In tutto  ci sono 3177 castelli. Gli edifici storici sono divisi fra castelli veri e propri, residenze nobiliari e fortezze. Si tratta di un patrimonio diffuso su tutto il territorio, estremamente bello e variato. Ci sono castelli con il fossato e altri senza il fossato. Alcuni sono circondati da mura e altri si trovano sulla sommità di un borgo antico. Molti castelli negli anni sono stati riconvertiti in musei e hotel e altri a, al di fuori dei circuiti turistici, sono ancora abitati da eredi di famiglie di stirpe nobile e da qualche eccentrico amante delle atmosfere antiche. Secondo una statistica catastale dell’Agenzia del Territorio datata 2007,  2404 famiglie italiane vivevano in “castelli e o palazzi di eminenti pregi artistici o storici”.

Castello-di-Fenis-Valle-d-AostaPer avere informazioni più dettagliate è utile consultare il sito www.icastelli.it che, sebbene  incompleto, traccia una mappa per regioni e province, dei castelli italiani, e il libro, oggi non facile da trovare, Guida ai castelli d’Italia. Oltre 500 luoghi di antico fascino di Enrica Roddolo che nel 2004 metteva insieme oltre 500 schede di castelli.

Panoramica del castello

Castelli di tipo speciale, che suscitano n grandissimo interesse negli appassionati di storia militare, sono le fortezze.

In Italia, le  fortezze medicee sono  un maestoso complesso architettonico progettato per la difesa del Ducato di Toscana  costruite alla metà del Cinquecento per iniziativa di Cosimo I de’ Medici. In tutto si tratta di sei edifici fortificati di grandissima bellezza e che vale certamente la pensa di visitare.

Molto pregiata, in provincia di Arezzo , è la Fortezza del Girifalco (o Medicea).

Il passato

Questa struttura difensiva venne  utilizzata probabilmente nel periodo alto medioevale da guarnigioni gote e longobarde, ma la prima documentazione certa risale all’anno 1258, quando fu ceduta ad Arezzo. Dopo il 1266 vi furono eseguiti diversi interventi di rifacimento, proseguiti poi successivamente nel 1300 sotto la Signoria dei Casali. Furono poi i Senesi ad aiutare i Cortonesi sia nella ricostruzione delle mura che della Fortezza, poco prima che la città passasse sotto il dominio di Firenze (1411). Risale proprio a questo periodo il corpo centrale, che serviva da chiave di volta del circuito delle fortificazioni.  Nel 1540 Cosimo I° de’ Medici (detto Cosimo il Vecchio), dopo aver visitato tutte le fortezze della Toscana, per stabilire quali rafforzare ed ammodernare, scelse il Girifalco di Cortona.

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L’aspetto attuale della fortezza del Girifalco è deriva dalla  ristrutturazione cinquecentesca: imponenti mura seguono un tracciato trapezoidale con quattro bastioni angolari di forme e dimensioni diverse ognuno con un proprio nome: a sud  S. Margherita ad ovest S. Maria Nuova , a nord S. Egidio si) e infine S. Giusto a sud. Al loro interno si trovavano il magazzino delle polveri ed il carcere (a sud), quattro posti cannone (a ovest), due cannoniere (a nord) e tre fuciliere (a est). Le mura all’interno hanno un terrapieno utile all’epoca per attutire i colpi dell’artiglieria, mentre ogni bastione ha delle feritoie laterali su cui venivano sistemati i cannoni che consentivano di difendere tutti i lati della struttura.

Il presente

Oggi la fortezza del Girifalco ha nuovamente bisogno di essere ristrutturata.  Qualcosa si era mosso perché nel 2010 il cantante Lorenzo Jovanotti  si era attivato per ottenere la ristrutturazione del bastione di Santa Maria. L’intervento è stato realizzato grazie al sostegno congiunto di Montepaschi e del Comune di Cortona ed oggi ospita le sale di incisione del cantante. Ma il progetto di recupero della fortezza è molto più ampio e i costi, stimati per la prima tranche della “Casa del Capitano” si aggirano su oltre il milione e mezzo di euro.

Da febbraio 2016 il progetto di recupero della fortezza è passato “sotto l’ala” della Associazione Culturale  On The Move.  L’Associazione, che da sei anni organizza in estate il festival dedicato alla fotografia di viaggio “Cortona On The Move” , in cambio dell’utilizzo degli spazi della fortezza, si è attivata per trovare i fondi per restaurarla. L’obiettivo però non si limita al recupero architettonico. Il sogno da raggiungere è molto più  ambizioso perché prevede la costruzione di una Accademia Internazionale di Arti Visive e Design destinata ad accogliere a Cortona durante tutto l’arco dell’anno giovani creativi provenienti da tutte le parti del mondo.

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Il primo passo operativo è stato attivare una campagna di crowdfunding sul portale www.innamoratidellacultura.it  e offrire, a chi dona interessanti ricompense scelte con cura in ambito enogastromico e turistico locale.

Il link https://www.innamoratidellacultura.it/campaigns/fortezza-girifalco-cortona/#.V5oxAPmLTIU è attivo per le donazioni con PayPal e Stripe mentre la raccolta fondi tradizionale, e quindi le donazioni più consistenti, possono essere inviate tramite bonifico bancario inviando prima una mail con i propri dati personali a info@pinkfishstyle.co.uk  , la società incaricata dall’Associazione per la ricerca di  sponsor e grandi donatori.

Le donazioni sul portale, oltre ad essere tracciate e pubblicate “in chiaro”, riceveranno lo sgravio fiscale derivante dal beneficio “ArtBonus” che il ministero dei beni culturali assegna ad alcuni beni pubblici di particolare pregio. I cittadini esteri, nel caso decidessero di intervenire in maniera consistente al restauro, potranno godere delle deduzioni vigenti nei paesi di origine oltre che dalla possibilità di essere indicati con una targa e, se la donazione è importante, dall’utilizzo del bene restaurato per eventi personali o aziendali.

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Il patrimonio artistico e architettonico italiano è straordinario, unico al mondo ma se non si interveniamo economicamente per restaurarlo, rischia seriamente di scomparire.

Partecipare alla nostra avventura di salvataggio è importante. Vi chiediamo di dare il vostro sostegno alla campagna di crowdfunding e, se non potete farlo ma vi interessa comunque partecipare potete farlo diffondendo  questa campagna ai vostri amici e nella vostra comunità.

We love Italy, and you?

Emanuela Negro- Ferrero – enf@innamoratidellacultura.it