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Lezione di Crowdfunding n°31 – 8 suggerimenti per un video che buca

Il video è la  parte essenziale di una campagna di successo. Le campagne che utilizzano il video generano  fondi con una percentuale del  114% rispetto a quelle senza.

E’ facile capire  il valore che possiede un video se lo utilizziamo per  condividere le nostre storie, ma creare un video impattante  non è semplice ed entrano in gioco molti fattori : c’è bisogno di risorse e attrezzature, di alcune conoscenze base su come effettuare le riprese e anche sul modo migliore di apparire in camera. Non siamo tutti professionisti e la questione video per molti è un gradino alto da superare.

Una delle principali sfide che molti progettisti  devono affrontare è proprio la  creazione del video.

In questo post voglio condividere  alcuni suggerimenti utili su come iniziare a creare i tuoi video e superare gli ostacoli, compresi quelli personali.

1 – L’attrezzatura

Inizio subito parlando di apparecchiatura video e audio. Questi sono gli strumenti necessari per ottenere un lavoro ben fatto e per raccontare la tua storia in un modo visivamente attraente.

Le opzioni disponibili sono centinaia e spaziano dall’Iphone ad una telecamera 3D. In effetti per realizzare il tuo  video, non ti serve molto: una fotocamera DSLR in grado di riprendere video HD, un treppiede, un microfono direzionale e una serie di luci per gli effetti.

Possiedi già l’attrezzatura? Benissimo, puoi partire subito! Non la possiedi? La puoi comodamente affittare.  Le apparecchiature video e audio possono essere molto costose. A seconda della qualità dell’apparecchiatura si spendono  facilmente migliaia di euro. Meglio quindi noleggiare l’attrezzatura. Inoltre, l’affitto di attrezzature è molto più conveniente se stai pensando solo di girare  un paio di video durante il fine settimana. Il discorso diventa diverso se per caso hai intenzione di impostare la tua campagna sulla produzione di mini video virali. In questo caso il mio suggerimento, se non riesci a fare da solo, è di farti aiutare da qualcuno che lo sa fare.

2 – La storia

Trova uno stile che ti piace e racconta la tua storia. Non sai come fare? Un po’ di ricerca in rete può portare molta ispirazione. Noterai che i video vengono girati in diversi stili cinematografici e ogni stile può dire la stessa storia in modo molto diverso a seconda del tono, del ritmo e del protagonista.  Fatti alcune domande. Che tono vuoi  avere? Triste? Dolce? Malinconico? Buffo? Anche la musica è importante e sottolinea ed amplifica  il tono della comunicazione.

Filming a horror movie. Female zombie holding clapper board. Cinematography. Halloween.

3 – Il montaggio

La post produzione è il vero laboratorio di costruzione del tuo video.Non sai farlo?  Prenditi  il tempo per imparare a utilizzare un  software di editing. Ci sono una varietà di opzioni come Final Cut Pro, Adobe Premiere e molti altri. Per esempio, potresti sapere che lo stile del tuo video e le tue esigenze tecniche possono essere realizzate con  iMovie o anche con un editor video di Iphone.

4 – Il protagonista

Nel video ci devi essere tu perché le persone vogliono vedere in faccia chi è il protagonista del progetto  a cui donano il proprio denaro.Non avere paura, la creazione di un video significa che hai il controllo assoluto su quello che vede il tuo pubblico. Sei tu che decidi quali sono le scene da inserire e certamente puoi far emergere il tuo lato migliore.

5 – I tuoi punti di forza

Gioca tutto sui  tuoi punti di forza. Hai una grande idea e questo è sicuramente il primo dei tuoi punti di forza. Sai chi sono i migliori venditori? Sono le persone che credono davvero nei loro prodotti. Quindi, quando parli della tua idea progettuale, fai emergere la tua passione. Solo così puoi convincere gli altri a sostenerti.  Usa colori e abiti che sai che ti stanno bene. La fotocamera può farti apparire diverso da quello che sei nella vita reale, per cui è importante prestare attenzione a cose come l’illuminazione e lo sfondo. La simpatia, l’empatia, la sincerità e la leggerezza sono tutti ingredienti chiave per rendere il tuo video interessante ed efficace.

 

6 –  Utilizza uno script

Andare a braccio non è una buona idea. Scrivi uno script e provalo per   assicurarvi che le tue inflessioni e la scelta delle parole siano naturali. È anche una buona idea memorizzarlo interamente in modo da non leggere mentre sei in camera.  Prova e riprova fino a quando diventa tutto naturale.

Lo script è una traccia scritta di ciò che dovrai dire

 

7 –  Parlare con una persona

Se sei nervoso all’idea di dover parlare nella telecamera usa lo stratagemma di parlare con una persona che conosci e di cui hai fiducia in modo tale da rendere le tue espressioni più realistiche e coinvolgenti. Il vantaggio aggiunto è che un amico di fiducia o un collega può darti feedback per modificare le cose che non funzionano.

 

8– Inserisci immagini e altre risorse visive

Ricorda inoltre che devi mostrare molto di più del  tuo solo volto nel video. Potresti includere altre persone che fanno parte del progetto,  illustrazioni, immagini, spezzoni di uno dei tuoi spettacoli o la breve ripresa del tuo film o del tuo balletto. Più metti insieme i pezzi e più ottieni visibilità

Le animazioni vanno bene ma

Questi sono i consigli base per creare un video ad alto impatto. Pensi di non essere capace?

Coinvolgi qualcuno che conosci e fatti aiutare! Il crowdfunding si basa sulla condivisione e sull’aiuto reciproco. Mettere su una squadra è il segreto del successo.

Buon lavoro!

Emanuela Negro-Ferrero – www.innamoratidellacultura.it

Lezione di Crowdfunding n°28. Il video.

Le ricerche americane lo dicono chiaramente: le campagne di crowdfunding con un video raccolgono meglio e prima rispetto a quelle senza il video. O con un video fatto male. Questo risultato è riferito a tutti i tipi di campagna, anche a quelle di tipo “equity”.

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Esistono delle linee quide per realizzare un buon video?

Si, no. La verità è che molto dipende dal proprio gusto personale e dalla capacità di comunicare la propria idea. Un suggerimento che mi sento di dare a chi desidera lanciare una campagna è certamente quello di cercare su più portali  i video di campagne di successo uguali per tipologia a quella che si ha in mente.  Scrivere la struttura e, perchè no, anche copiare.

La differenza fra campagne di successo e campagne che raccolgono poco salta all’occhio.

Quali sono i fattori che determinano il successo di una campagna? Il video è al primo posto!

registaQuanto deve essere lungo un video?

Due o tre minuti. Di meno è poco, di più è troppo.  E’ poco tempo, ecco perché è indispensabile essere concise e chiari.

Scrivere uno storyboard per avere subito sott’occhio la situazione è una buona idea. Il messaggio deve arrivare immediato, essenziale. La richiesta, ci deve essere, garbata ma diretta. Molti chiedono se il video è sufficiente. La risposta è sì, è sufficiente perché la pagina della campagna  che viene messa a disposizione serve proprio perché le informazioni che il video non riporta possano essere descritte con la massima chiarezza e sin dei minimi dettagli.

Il video serve a vendere l’idea. Deve contenere quella che in gergo è definita “call to action”. Cioà la chiamata ad agire. Il famoso “dona ora”, per intenderci.

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In ogni caso, girare un video di qualità è un ‘impresa non da poco. Ecco alcune indicazioni che, se seguite, possono aiutare.

  1. Scrivere uno storyboard. Cioè descrivere scena per scena che cosa deve succedere, chi lo fa succederee che cosa viene detto. Come in un film vero
  2. Rileggere lo “script” e chiedere a tutti, parenti, amici e sconosciuti di avere un feedback
  3. Enunciare scopi e richieste con fiducia , chiarezza e a voce alta.
  4. Eliminare rumori e scricchiolii dall’audio
  5. Girare in piena luce per evitare l’effetto film dell’orrore.
  6. Illustrare il progetto con chiarezza
  7. Usare le angolature, lo zoom, I passaggi con cognizione di causa per non infastidire lo spettatore.
  8. Chi presenta il video deve essere inquadrato in centro
  9. Anche la scena merita la massima cura. Ci sono oggetti? Paesaggi? Interni o esterni? L’idea è di realizzare qualcosa di autentico non di arraffazzonato
  10. Il progetto ha dei colori? Avete un marchio? Coordinare e abbinare abiti, colori  per dare anche una linea guida cromatica alla campagna è certamente una buona idea.
  11. Andateci piano con la colonna sonora: se il progetto non è musicale rischiate di distrarre chi guarda piuttosto che attrarlo
  12. Usate un programma di editing, ce ne sono moltissimi a disposizione anche per chi di video non ne sa nulla

I migliori programmi editing video gratis per montare filmati

La grande opportunità offerta dalla tecnologia rende le cose più facili.

Tablet e smartphone spesso hanno in dotazione videocamere dalla resa eccellente. Last but not least, fatevi aiutare da qualcuno che sa come si fa.  Il crowdfunding è basato sulla condivisione.

Personalmente ho visto campagne realizzate bene e gratuitamente proprio grazie all’aiuto degli amici. Ognuno con una competenza.  I risultati ,se le cose sono fatte con perizia, si notano.

Emanuela Negro-Ferrero www.innamoratidellacultura.it

 

E’ social! Io fotografo, tu fotografi, tutti fotografano.

Il dagherottipo porta le persone a vedere la realtà per come è.

Il dagherottipo porta le persone a vedere la realtà per come è.

La fotografia nasce a cavallo fra il 1822 e il 1826, è attribuita a Nicèphore Niépce ed è certamente una delle più straordinarie innovazioni che l’uomo abbia portato alla luce. Possiamo paragonarne l’importanza solamente con l’invenzione della stampa a caratteri mobili creato da Gutenberg nel 1455. Se  la stampa favorisce il passaggio dalla trasmissione orale delle informazioni,  la fotografia regala all’uomo la possibilità   di vedere realmente ciò che normalmente poteva essere descritto attraverso i disegni, la pittura o le parole. Dai dagherottipi ad oggi la fotografia ha subito una evoluzione straordinaria perché tutti , grazie alla tecnologia, sono in grado di scattare bellissime immagini e condividerle in un attimo con il resto dell’umanità connessa. Qual è la differenza? Che significato ha la fotografia oggi e perché le persone condividono le proprie immagini, spesso in maniera compulsiva, su Istagram, Facebook e altri  canali social?  In primo luogo è facile constatare che, se l’occhio del professionista utilizza la fotografia come strumento di osservazione della realtà, la persona normale si limita a fotografare  e a condividere  ciò che vede.

Istagram

Istagram

Vado a Parigi, fotografo Parigi. Mangio una torta in un ristorante delle Langhe, fotografo la torta e il ristorante delle Langhe. La differenza fra i due modi di osservare la realtà  a mio avviso sta nell’aggiunta dell’elemento testuale.  Hashtaggato o meno, il testo aggiunge all’immagine le emozioni provate mentre viene scattata. La foto diventa un racconto. Parla ed  esprime un punto di vista.  Emette dei suoni e si anima. E’ proprio questo passaggio testuale   a trasformare la fotografia da  fenomeno social di massa,irrefrenabile e in continua produzione a vera innovazione narrativa . Sui social immagine e testo diventano un modo rapido e sintetico per comunicare ciò che la persona è , sente e vive, momento per momento.

tutti oggi sono professionisti della fotografia

tutti oggi sono professionisti della fotografia

La realtà del mondo, i luoghi, le situazioni, la natura, gli animali e tutto ciò che può essere fotografato oggi abbonda di punti di vista differenti.  Le immagini sono bellissime, interessanti. Una banca dati a disposizione dell’intera umanità e, infatti ci sono già stati casi di fotografi famosi citati per aver “copiato” immagini scaricandole da Istagram.

il furto dell'immagine di Obama effettuato da Hope

il furto dell’immagine di Obama effettuato da Hope

Un esempio è la famosa immagine simbolo creata nel 2008 da Sheperd Fairey Hope per la campagne elettorale di Barack Obama. Si trattava di una foto di un altro fotografo (Mannie Garcia) presa da Hope e rimaneggiata e manipolata sino al punto da farla  diventare completamente diversa.

Il furto compiuto da Hope ha generato una sostanziosa causa di risarcimento e  , allo stesso tempo, ha aperto la domanda:  vista la quantità di eccellenti fotografi disponibili su tutto il pianeta,  ha senso pensare alla proprietà intellettuale e ai diritti d’autore come  a qualcosa che possa ancora durare nel tempo?

Questo momento è una transizione. Tutto si sta trasformando e il flusso incessante di persone connesse in rete che scambiano informazioni di ogni genere è ben sintetizzato dalla mole di immagini pubblicate. Nulla sfugge più, nel bene e nel male, ogni cosa viene registrata  e riprodotta e memorizzata. Dove? Non si sa. Di chi è la proprietà? Nemmeno. Per la prima volta tutti possono esprimersi creativamente  e comunicare senza barriere.

Emanuela Negro- Ferrero –

 

Il museo che vorrei. Da semplice contenitore a costruttore di relazioni con la comunità. Possibile? Si

Il museo che vorrei

Il museo che vorrei

Negli ultimi mesi del 2015 il Ministero ha nominato nuovi direttori per importanti istituzioni museali nazionali. Molti dei bandi pubblicati riportavano l’indicazione di scrivere una lettera di interesse contenente la propria idea progettuale. Uno spunto suggestivo, che ha messo in moto molti pensieri e ragionamenti. Alla luce di ciò che osservo quando visito penso che per i musei italiani sia arrivato il momento di cambiare. Come? Innovando, ovviamente. Conquistando una nuova identità che non è più limitata all’esposizione delle collezioni. Ma che ha a che fare con la costruzione di una forte interazione fra il museo e il suo pubblico e, ancora, con il suo territorio di riferimento. Il pubblico, e questo è un fenomeno diffuso in ogni settore, è sempre più esigente, curioso, attento.

Studio Azzurro. installazione multimediale

Studio Azzurro. installazione multimediale

La direzione che intravedo come virtuosa per il museo è quella di uscire dalla mera funzione di produzione e conservazione ed evolversi sempre più verso una valorizzazione del territorio circostante in termini di identità e di riconoscimento della comunità che lo vive. Il museo, soprattutto se importante ed alto traffico di visitatori, a mio avviso deve soddisfare le esigenze dei vari pubblici diversificando l’offerta. Senza andare troppo distante, Palazzo Madama e il Castello di Rivoli hanno attivato un dipartimento educativo efficace, efficiente e in grado di offrire attività formativo- educative di altissima qualità. La parte espositiva se da una lato è quasi ovunque di elevatissima qualità, dal versante informativo è carente.

Una visita indimenticabile

Una visita indimenticabile

La mia passione per l’innovazione digitale mi fa sospirare allestimenti multimediali con elevati gradi di edutainment. Amo imparare giocando. Detesto guardare immense collezioni di opere con le cuffiette alle orecchie. Mi fanno venire mal di testa, dopo due o tre stanze le rimetto nella borsa. La mostra torinese allestita alle OGR per i 150 anni della storia d’Italia è stata visitatissima. Perché? Perché era educativa e divertente. Non sto dicendo che i musei italiani debbano diventare dei luna park. Ma consentire ai visitatori sempre più digitalizzati di trasformare la visita in un’esperienza educativa e indimenticabile a livello sensoriale. Il museo dovrebbe interagire con il territorio. Costruendo tour dedicati, visite speciali, legami con altri enti del territorio per trattenere e intrattenere i turisti il più a lungo – e meglio – possibile. A tutto questo manca sempre un pezzo. Fondamentale. Il museo deve comunicare con il pubblico. Ci sono molti modi per farlo. Il crowdfunding è certamente uno ed è quello più indicato per creare una relazione strettissima con il pubblico. Cioè con il crowd di riferimento. Si tratta quindi di uscire dal ruolo di conservazione ed esposizione e di consentire alle persone di entrare a fare parte. Di un progetto specifico, certo, ma che li legherà per sempre al museo.

Esperienza Italia alle OGR di Torino

Esperienza Italia alle OGR di Torino

Il direttore non sarà necessariamente un esperto di storia dell’arte (ci sono i curatori che se ne possono occupare). Il direttore del museo che vorrei è un manager, un professionista dotato di skill in ambiti diversi ma, soprattutto capace di creare utile oltre ai fondi pubblici e una rete fitta e ampia di relazioni e connessioni. Cosa ne pensate voi? Come vi piacerebbe fossero i musei che visitate? Belli? Gratis? Interessanti? Colti? Con o senza bar? Con o senza shop? Con la biglietteria al’ingresso o con un ingresso che faccia sentire a casa?

Emanuela Negro-Ferrero – ceo – enf@innamoratidellacultura.it

#MuseumWeek. La settimana dei musei su Twitter

24 – 30 marzo. Segnatevi queste date, perché saranno i giorni della #MuseumWeek, la 1° edizione della settimana dei musei ideata da Twitter e che vede protagonisti i più prestigiosi musei europei: dal Louvre alla Tate, dalla Reggia di Venaria a Palazzo Madama e al Sistema Museale Romano. (Lista dei partecipanti in Italia).

Ogni giorno ci sarà un tema diverso da affrontare a colpi di tweet, per scoprire il dietro le quinte di queste grandi realtà, per saperne sempre un po’ di più di arte, storia, cultura, scienza. Per connettere le persone alle strutture museali. Sarà davvero un’occasione unica e imperdibile.

Ecco il calendario. Siateci 😉

Lunedì 24 marzo
Un giorno nella vita del museo (#DayInTheLife)
Cosa succede nei musei quando sono chiusi al pubblico?

Martedì 25
Metti alla prova la tua conoscenza (#MuseumMastermind)
Domande, quiz e indovinelli per mettersi alla prova

Mercoledì 26
Racconta la tua storia (#MuseumMemories)
I musei preferiti, le visite memorabili: visitatori e appassionati raccontano

Giovedì 27
Edifici dietro l’arte (#BehindTheArt)
Aneddoti, storie e segreti dei musei

Venerdì 28
Chiedi all’esperto (#AskTheCurator)
Tutte le curiosità e le domande più difficili per mettere alla prova gli esperti

Sabato 29
MuseumSelfies (#MuseumSelfies)
Autoscatti con capolavoro

Domenica 30
I limiti incoraggiano la creatività (#GetCreative)
Il pubblico è invitato a partecipare mettendo in gioco inventiva e voglia di raccontare.

Personal Branding. Parte seconda

Leggo con molto interesse che il Personal Branding è diventato argomento da social. Evviva. Questo mi suggerisce che il Personal Branding è in salita e, forse, in auge.

Trovo una grandissima differenza fra gli articoli pubblicati in Italia e quelli americani. Soprattutto, noto che in Italia ci si riferisce al Personal Branding in due modi, quasi sempre non esatti. Il primo è che si tratti di un sistema per trovare lavoro su Internet creando profili ad hoc sui social. Il secondo che sia un lavoro di creazione di un’immagine – il famoso brand – su Internet. Come dire, ti cerco un marchio giusto, un sito giusto un claim giusto ti costruisco profili social ineccepibili e faccio di te un dio. Sì e no. La verità, come accade quasi sempre, sta nel mezzo.

Personal Branding, tanto per chiarire, è una precisa tecnica di comunicazione contenente diversi elementi di coaching, di marketing, di comunicazione d’impresa e studio dell’immagine. È qualcosa che si impara frequentando corsi universitari  – soprattutto americani – e poi con tanta, tanta pratica. Personalmente seguo da anni la corrente creata da Rampersad perchè, oltre ad eccellere nell’aspetto puramente teorico , ha creato una tecnica di analisi e di intervento di taglio olistico molto attuale e che consente di raggiungere risultati di grande eccellenza.

Lavorare per identificare il brand, che sia un’azienda o un professionista, significa fondamentalmente ricercare ciò che è in armonia con i sogni, lo  scopo della vita, i valori, le passioni, le competenze, l’unicità, il genio, le  specializzazioni, le caratteristiche e le cose che il cliente ama fare. In che modo si può fare tutto questo? Seguendo percorsi di analisi e strategie di valutazione aventi come unico scopo quello di definire con chiarezza l’identità personale stabilendo quali sono i veri valori, i punti di forza, l’unicità. Ecco perché la definizione di Personal Branding è olistica. Per esperienza so che questo tipo di lavoro regala un Personal Brand forte, organico e riflette ciò che il cliente ha di più autentico. La vita professionale prende così una piega diversa. Esiste la concreta possibilità di restare nel flusso attraendo situazioni e persone realmente in sintonia con ciò che si è. Un lavoro di Personal Branding meccanico, oserei dire cerebrale, comunica magari una bella immagine, contenuti  perfetti. Ma è qualcosa di fasullo che non porta vantaggio sul medio e lungo periodo. Anzi, voler diventare un prodotto e vendere se stessi, seppure in maniera ineccepibile, comunica egoismo, narcisismo. Manca il cuore, insomma. Manca la verità. Quanti prodotti sono stati creati dal marketing, messi sul mercato e hanno fallito? Con le persone è diverso, perché il Personal Branding si riferisce all’identità e all’essenza.

Questo schema, tratto da uno dei tanti libri che ho studiato in questi anni, a mio avviso riassume bene il concetto olistico del Personal Branding:

no vision + no hope + no faith + no selfknowledge + no self learning + no thinking + no mindset change + no integrity + no happiness + no passion + no sharing + no trust + no love = NO PERSONAL BRANDING.

Come dire, Oprah è Ophrah. Io sono io e tu sei tu. Ognuno di noi ha qualcosa di unico e di speciale. Ecco, il mio lavoro intende estrarre il diamante grezzo e farlo brillare. Utilizzando l’esperienza di comunicazione e di immagine e le tecniche di coaching e mentoring. Mettendo al centro la persona, con tutti gli strumenti che ho a disposizione.

Leggi anche: Personal Branding per sconfiggere la crisi.

Il Business adesso è Social

È un momento di grande cambiamento a tutti i livelli. Le aziende stanno attraversando diverse turbolenze che richiedono una grandissima capacità di adattamento e trasformazione.

Dal modello organizzativo dei primi del Novecento, ispirato alla metafora dell’orologio in cui il contributo umano era standardizzato e misurato in
termini di efficienza, tempo, presenza, si è passati ad un modello basato su asset intangibili (l’innovazione, l’esperienza, il brand, i servizi) in continua riconfigurazione. Alle aziende viene chiesto sempre di più di connettere le persone, condividere la conoscenza, le esperienze e apprendere continuamente.

I Social Media sono nati dal basso e sono cresciuti grazie a meccanismi di selezione molto rigidi e hanno dimostrato una fortissima capacità di creare collaborazione (con i Wiki), connettere e comunicare con il proprio network di contatti e attraverso i blog e i microblog, condividere e sfruttare l’intelligenza e le competenze collettive, e sempre più dimostrano di potersi integrare con le dinamiche del lavoro e i vari processi operativi.

Tutto questo si traduce in un investimento fortissimo in comunicazione basata su contenuti interessanti e di qualità. Perché se una volta c’era il sito, oggi il sito da solo non è più sufficiente. Il nuovo consumatore ha subito una sorta di mutazione antropologica. Viene definito “social customer” ed è più intelligente, sa sfruttare le informazioni che gli arrivano sull’azienda e dall’azienda con maggiore efficienza dell’azienda stessa ed è in grado di imporre modalità di comunicazione, servizio e marketing.

Questo significa che l’azienda, o il professionista che non possiede una strategia di social business, presto sarà costretto ad uscire dal mercato.

Ma che cos’è esattamente un Social Network?

Consigli social

La maggior parte delle persone, quando si parla di social, cita Facebook, Linkedin, Twitter. In realtà, i Social Network racchiudono una categoria molto vasta di siti; ci sono moltissimi social network di cui nessuno ha mai – o quasi mai – sentito parlare, eppure sono perfettamente in grado di dare un forte impulso alla vostra attività aziendale o professionale.

Quindi. Che cos’è esattamente un Social Media e perché è così importante?
Search Engine Watch lo definisce così: “A category of sites that is based on user participation and user generated content. They include social networking sites like Linkedin or Facebook… social sites like Digg or Reddit, and other sites that are centered on user interaction”.

Posso provare a dare una mia definizione: “Per Social Media si intende qualsiasi forma di pubblicazione online o presenza che consente agli utilizzatori di intrattenere conversazioni multidirezionali all’interno o riguardante l’argomento di un sito web”.

Definizioni a parte, quello che credo è che sia importante tenere in mente che entrare a far parte di un Social Network ha un significato all’interno di una strategia di comunicazione, perché consente di creare e/o aggiungere valore al social network stesso e di conseguenza a sé stessi e alla propria attività.

Il social networking si focalizza infatti su di una interazione bidirezionale fra il sito e le persone che lo leggono o lo usano. Un blog che consente i commenti è un esempio di comunicazione bidirezionale così come lo è una bacheca Facebook. Per qualsiasi azione di branding è fondamentale comprendere quanto i social possano essere strumenti davvero potenti.